Disincanto
Stagione 1 – Parte 4
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Torniamo a Dreamland! Iniziamo!
Torniamo a parlare del mondo medievaleggiante creato da Matt Groening e ci diamo un po’ una sistemata, per incorniciare le cose che abbiamo capito sinora.
Come ad esempio:
a che stiamo?
Che stagione è?
Il video parla di una quarta parte, quindi siamo ancora alla prima stagione?
Ecco, incasellare Disincanto come abbiamo sempre fatto con i Simpson e le altre creature di Groening, non è così semplice, perché ad ogni stagione televisiva, ha corrisposto una serie di dieci puntate.
Abbiamo quindi sinora quaranta episodi che potrebbero benissimo far parte di una sola stagione. Secondo Netflix, la piattaforma su cui è pubblicata, si parla di “parti”. Ma per le catalogazioni il mondo dell’internet è diviso. Coming Soon parla di quattro stagioni da dieci, altri come Wikipedia invece le cataloga in due stagioni da venti.
Sta di fatto che siamo in sua compagnia, volenti o nolenti, dal 2018, quando ancora il mondo era bello e tranquillo.
Nonostante abbiamo già chiarito che Groening si sia allontanato dalla concezione di serie animata che gli è stata appioppata con i suoi Simpson e Futurama, con questa quarta parte è ormai chiaro che a cambiare non è solo la fruizione degli episodi, ma della storia stessa, che prende una narrazione ad anelli, con una trama per niente lineare e autoconclusiva nella singola puntata, ma che crea un unicum nell’insieme delle altre, approfondendosi e mostrandosi e rinnovando ciò che racconta di se con colpi di scena che hanno dell’assurdo, a dir poco.
Prendiamo per esempio la diatriba che nasce tra Elfi e Trøgs.
Abbiamo detto che esteticamente si somigliavano, avevano dei rimandi e ho dato la colpa alla poca fantasia dell’autore che leggevo come voglia di fare sempre più carente. Invece si sviluppa qui una sotto-trama, un racconto nel racconto.
E non è l’unico che qui viene creato.
A dispetto degli inizi della seconda e terza parte in cui un minimo di introduzione e ripresa del “dove eravamo rimasti” c’era, se non palese, almeno come breve ripresentazione dell’ambiente e dello stile, con la quarta parte siamo gettati all’interno di Dreamland senza un accompagnamento gentile. Cambia nuovamente la sigla, non la colonna sonora, ma è una sigla che cambia di puntata in puntata, fin quasi a sparire nella decima. O quarantesima che dir si voglia.
Se inizialmente avevo una forte curiosità, questa si è spenta e affievolita di molto, tanto che non sapevo se avrei guardato quest’ultima parte, perché con la terza, le cose si sono fatte troppo rapide, veloci, confusionarie, inconcludenti e alle volte ripetitive. Non ne conservavo un buon ricordo insomma.
Eppure in questa quarta, con Bean finalmente regina, le cose, la prospettiva delle cose, sembrava finalmente stabilizzarsi e invece, neanche iniziata, la faccenda è tornata a essere caotica e altamente volubile. I cambi continui che il protagonista subisce, nel sottolineare la diatriba genitoriale, hanno stancato, eppure quando si pensa di sapere ormai tutto, ecco che la sceneggiatura apre un buco nero nel quale ci risucchia per sconvolgere nuovamente le nostre aspettative e pregiudizi sulla faccenda.
Non so se effettivamente, vedere Bean come personaggio così volubile sia quindi un bene, che sottolinea l’età e l’indecisione, alternandola a momenti di lucidità che preannunciano poi il ritorno di misteri o supposti tali che ci danno in pasto novità enormi e sconcertanti fino però poi a non capire più cosa stia succedendo e cosa aspettarci, come una danza continua che non si decide a capire cosa vuole essere.
La nota quasi LGBTQ+ della faccenda si ha con l’ennesimo salvataggio di Bean, stavolta con una sirena, e l’entrata di questa tematica è solo l’ultima goccia di una caratterizzazione del personaggio che è fatta in step non chiari, pretestuosi, come se ponendola in una luce nuova possa farci riscoprire un interesse nuovo tale da non abbandonare la serie.
Eppure il fatto che non abbia mai voluto sposarsi, fa suonare tutto questo alquanto realistico e non campato in aria. È però il modo a far apparire il tutto dozzinale, superficiale, di passaggio, nonostante per Bean sembri poi importante.
Se quindi la trama orizzontale è fatta di ritorni continui di tematiche e ripresentazioni di fatti, conflitti, personaggi, quella che stavolta sorprende, è proprio la visione delle cose nella loro profondità. E non è tanto per dire! Ad esser approfondito è lo stesso castello e regno di Dreamland, nella loro storia antica, intrecciando così personaggi diversi e creando contesti nuovi da esplorare, politici, culturali. Ma anche soprattutto condendo il tutto con una nota comica che ritorna fresca, fresca dalla prima stagione, dal modo nuovo col quale presentarcela, non parco di parolacce ben assestate, che cascano dal cielo come un fulmine inatteso, ma anche con una serie di atteggiamenti e battute, di vera e pura cazzimma, come diremmo qui a Napoli, da parte di Luci, come mai prima d’ora era accaduto. Ed è proprio il suo personaggio, i modi di fare, la comicità, a risollevare molte scene e eventi che altrimenti sembrano solo gettati lì, per allungare il brodo.
Se devo dirvi che Disincanto mi sta piacendo, no, non mi sta piacendo affatto.
Se devo considerare che ha tutte le carte per allontanarsi dai suoi fratelli maggiori, si posso dirvelo, ma no, non se li sta giocando affatto bene.
Ogni puntata sembra infatti essere una corsa in apnea, non solo di personaggi che spostandosi ampliano la geografia del mondo, ma anche un continuo sfiorare temi, tematiche, intrecci, che però non sembrano mai venir realmente raccontati.
La sensazione è un po’ quella di esser presi in giro, sinché poi non si arriva alle ultime due puntate. In questa parte, Bean è attanagliata da strani incubi ricorrenti che sembrano vogliano essere analizzati psicologicamente. E Bean ne sembra convinta, sinché appunto non si riscopre con un escamotage del gemello cattivo o della doppia personalità, che così accelera il racconto per giungere a qualcosa di nuovo. Ma, ancora una volta la narrazione si interrompe, perché siamo arrivati all’ennesima fine di parte o di stagione.
E questo è la goccia che fa traboccare il vaso, che fa cadere le braccia, che lascia con l’amaro in bocca, perché in questo turbinio di andirivieni, ancora una volta si giunge a qualcosa, dopo dieci puntate, per poi non aver fatto nulla o detto nulla.
Si, si è approfondito ancora il contesto, si sono visti meglio i personaggi, ma è la storia principale, la “narrazione prima” che si perde, che non è forte, non è tenace, non ha quasi gusto e mordente, nonostante l’ambientazione lo permetta.
Sarò io che mi aspettavo decisamente tanto altro, quindi non riesco ad apprezzarla e capirla, ma Disincanto si sta dimostrando un grosso buco nell’acqua che ti illude, promettendoti un racconto che appare a spazzi, per poi darti a schiaffi in faccia e fare come le pare.
Non so, non voglio dilungarmi troppo, vorrei iniziare qui una discussione, nella sezione commenti, con voi, per approfondire meglio questo scambio di opinioni e magari farmi capire dove sto sbagliando e cosa e dove ho alzato troppo le mie mire.
In attesa di Disincanto 1, parte 5 o di Disincanto 3, parte 1… o, sentite, della nuova parte di Disincanto, ditemi la vostra e parliamone!
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