@Re_Censo #382 La Ragazza delle arance | #LASETTADEILIBRI

La Ragazza delle arance
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Oggi torniamo a vestire i panni della Setta dei Libri per la lettura di novembre 2020. Iniziamo!

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Il libro di cui parliamo oggi è “La Ragazza delle arance“, dodicesimo libro de La Setta dei Libri, è scritto da Jostein Gaarder, per Tea Libri, 2007. Costo di 10€, che ho acquistato per pura fortuna alla Feltrinelli dell’aeroporto di Napoli mentre ero in servizio con la Protezione Civile. Trovarlo è stato difficilissimo.

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Jostein Gaarder è nato a Oslo l’8 agosto 1952, ha studiato filosofia, teologia e letteratura ed è stato professore di filosofia per dieci anni, prima di dedicarsi alla scrittura. Sposato, vive ancora a Oslo, con moglie e i due figli. La sua prima pubblicazione risale al 1986, ma il successo arriva solo agli inizi degli anni ’90 con “Il mondo di Sofia“, tradotto in una quarantina di lingue ed è arrivato in Italia nel 1994.
Nell’agosto 2006 scrisse un articolo intitolato “Il popolo eletto da Dio” pubblicato sul quotidiano l’Aftenposten, nel quale, parlando della guerra del Libano del 2006, condannava alcuni aspetti della politica israeliana e del giudaismo e si è apertamente schierato contro il riconoscimento dello stato di Israele, nella sua forma attuale.
L’articolo venne accusato di essere promotore di concetti antisemiti, soprattutto per aver disegnato il Giudaismo come “un’antica religione di un popolo in guerra” in contrapposizione all’idea “cristiana” che “il regno di Dio è nella compassione e nel perdono“. L’autore si è difeso dalle accuse di antisemitismo, dichiarando che non voleva offendere nessuno e sostenendo che aveva scritto l’articolo in uno stato di indignazione morale. Nonostante questo, l’articolo suscitò reazioni discordanti.
Nonostante non sia un libro recente, è stato infatti pubblicato nel 2003, in originale, e qui nel 2007, oggi parliamo del suo “La Ragazza delle arance“.

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La Ragazza delle arance è un piccolo tesoro prezioso, che sembra piccino picciò, ma in realtà è profondo e meraviglioso.
Il protagonista è Georg Røed, ha quindici anni e ha perso il padre quando era piccolissimo. Il libro è suo, nell’immaginario inventato da Gaarder, nel senso che è di tipo epistolare, ma in parte ha una certa metanarrativa, in quanto si rivolge direttamente al lettore e al tempo stesso al vero protagonista della storia, che è il padre, Jan Olav Røed.
Veramente, i protagonisti sono tanti in questa storia, ma ne parliamo più avanti.

Georg scopre, dopo una visita dei nonni, che il padre gli ha lasciato una lettera, ben nascosta nella fodera di un carrozzino, del suo carrozzino, quasi fosse una capsula del tempo. Quindi la prima narrazione, che è quella di Georg in cui esordisce e ci presenta la vicenda, si pone in secondo piano e ci offre le parole stesse del padre Jan Olav.
Scopriamo quindi che Jan Olav ha scritto questa lettera al figlio, nei giorni prossimi al suo ricovero in ospedale, quando passava molto tempo col figlio e lui aveva poco più di 3-4 anni.

Inizialmente può sembrare un po’ il vagheggio di un uomo ormai vicino alla fine che decide di parlare al figlioletto di una storia inventata con chissà quale mezzo fine o morale finale. Qui entra infatti in scena una dei tanti protagonisti, dopo Georg e Jan Olav, ed è una ragazza, la Ragazza delle arance, che Jan Olav ha incontrato per puro caso quando studiava medicina all’università e di come questa anonima ragazza, stracarica di arance, si fosse insinuata nel suo cervello, tanto da metterlo in difficoltà con corsi ed esami, tipico di chi si invaghisce e per i primi tempi perde di vista tutto il resto.
La lettera si concentra quindi su questi primi attimi e strani e improvvisati incontri, fino ad arrivare a quello che da una svolta, con una promessa, cioè di aspettarsi per sei mesi, prima di conoscersi realmente.

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Jan Olav sembra voglia parlare al figlioletto delle regole che esistono nel mondo e tra le persone, quelle dette e quelle non dette, usando quasi questo racconto della Ragazza delle arance come uno stratagemma. Ma lui stesso va contro le regole e fa un viaggio improvviso e senza alcun preavviso, per raggiungerla. Quindi non è questo il punto quello che vuole raccontare al figlio Georg.

Appurato che non si sta parlando di un racconto fittizio e che serve ad uno scopo morale, ho subito pensato che questa Ragazza fosse una delle ex del padre di Georg e che in realtà non se l’è mai tolta dalla testa, nonostante ami la madre di Georg stesso, ma con la morte i ricordi del passato possono essere più forti di quelli del presente. Una mia teoria molto spigolosa e in parte macabra, che per fortuna, nel terzo step di lettura, viene completamente abbattuta.

Nel presentarci questa lettera, Gaarder non usa alcuna scansione in capitoli, ma anzi permette al lettore di immergersi nella vicenda come trascinato dal fiume in piena di ricordi del protagonista Jan Olav e delle reazioni del figlio Georg, sfruttando un codice quasi segreto tra i due, rappresentato dal telescopio spaziale Hubble, che in quei giorni passati era da poco stato piazzato in orbita, e nel presente di Georg lui stesso lo aveva presentato in una tesina scolastica. Una piccola sottotrama che poi si presenterà al meglio sul finale della storia, rendendo questo gancio non solo emotivo col lettore, ma elemento indispensabile della storia per comprendere la relazione tra padre e figlio.

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Quando quindi Georg, continuando a leggere, trova chi sia questa Ragazza, iniziano a mettersi in ordine una serie di tasselli che inizialmente erano solo di sfondo e quasi vorticavano attorno al personaggio, indistinti, e che ora invece prendono forma, tanto che quasi anche la casa dove vive e i suoi parenti diventano meno impalpabili, sicuro più consistenti.
In questa lunga serata nella quale Georg legge la lettera, scopre che il padre, nel lasciargli questo scritto, ha voluto presentargli la sua storia d’amore e il suo migliore amico, al solo scopo di porgergli una domanda e la domanda mostra e rivela l’ultimo protagonista della storia, che è il lettore:

se si avesse modo di vivere in eterno nell’eternità del cosmo, e ci venisse dato modo di avere un periodo limitato di vita terrena, con tutti i pro e i contro, sapendo che è un periodo definito e che poi si arriverebbe alla certezza di morire, cosa farebbe Georg? Cosa ne pensava Jan Olav e cosa, per mezzo di Georg, sceglierebbe il lettore?

Le ultime cento pagine di questo libro, dalla scoperta dell’identità della Ragazza, alla sua conclusione, sono state un viaggio vorticoso eppure lineare, che mi ha preso talmente tanto da non rendermi conto che stessi arrivando alla fine e che le stessi leggendo in un mare di lacrime.
Mi sono emozionato, commosso, ho sofferto e compatito, fatto mio lo struggimento del padre di Georg, che non ha mai trovato conforto nella fede e nella vita dopo la morte, nel suo dolore di dover lasciare il figlio, la persona che aveva amato e la sua famiglia, dopo un viaggio di neanche una trentina d’anni, strappato così brutalmente e senza diritto d’appello da questa vita, che sono diventato io stesso il padre di Georg e al tempo stesso figlio di Jan Olav.

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Qui, tramite questa narrazione che si nasconde nello schema epistolare, Gaarder riesce a prepararci la strada per arrivare al cuore del suo messaggio che è tutto filosofico, ma che ha in parte anche un accenno alla vita dopo la morte, ad un Dio, come dice Georg, che sicuramente lo aiuta a dare una risposta, la sua risposta.
E per dare una risposta, Georg ha bisogno del racconto del padre, come una strada, un sentiero, una  chiave di lettura, supportata da alcuni brani musicali che mi hanno aiutato a immergermi nella lettura, li mettevo su youtube mentre leggevo, come la “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven, trasformando la metanarrativa che Georg propone nel raccontarci il dialogo col padre e la sua risposta, in un’esperienza ancora più immersiva e totalizzante. Ed è una cosa che ho apprezzato molto.

Certamente è facile capire e immedesimarsi nelle reazioni adolescenziali di Georg, nei confronti del patrigno e della madre, al termine della lettura della lettera, ma non mi ci soffermerei più di tanto, perché è lo spaccato di una adolescenza chiamata a cedere subito il passo all’età adulta che parte probabilmente proprio dalla risposta che è tenuto a dare al defunto padre, redivivo nelle pagine che gli ha lasciato.
È questo un viaggio che parte con una leggerezza e una narrazione poco convincente, soprattutto nel rimbalzo continuo tra le parole di Georg e quelle di Jan Olav, ma che poi si approfondisce e si mostra in tutto il suo potenziale.
Non ci è dato sapere oltre, come vivrà questo ragazzo, dopo la sua risposta, perché la domanda filosofica, dopo la sua risposta da quindicenne, passa a noi, adesso la sfida è la nostra.

E sta a noi aprirci all’ascolto di noi stessi, a quello che desideriamo e a quello che volenti o nolenti i nostri genitori hanno lasciato di loro a noi. Ma questa domanda è sicuramente una nostra responsabilità, una nostra scelta che non si ferma nel solo porcela e nel trovarle risposta, ma nel rendere coerente con questa risposta, tutti i giorni che verranno da lì in avanti.
Georg ci lancia un suggerimento, su cosa farà, pensando ad una compagna violinista, noi invece?

Per quanto questa storia mi ha fatto piangere, spero di essere riuscito a spiegarmi al meglio e quindi smetto di scrivere e vi lascio campo libero per farmi sapere cose ne pensate, nei commenti qui sotto! Come sempre, il libro è nel link affiliato, così potete recuperarlo!

Ditemi la vostra, cosa ne pensate, cosa ci avete letto nella domanda e nelle risposte dei due personaggi e se avete il coraggio di dare la vostra personalissima risposta, non per forza a me, ma a voi stessi. Vi aspetto, mi raccomando!

Vi ringrazio per la visualizzazione e per aver passato del tempo assieme! 

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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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