@Re_Censo #491 La parte di Malvasia | #LASETTADEILIBRI

La parte di Malvasia
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Oggi torniamo a vestire i panni della Setta dei Libri per la seconda lettura di due di gennaio 2022. Iniziamo!

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Questo mese, con La Setta dei Libri, abbiamo letto “La parte di Malvasia“, edito da La Nave di Teseo, 2021, scritto da Gilda Policastro, in questa brossura dal formato particolare che ricorda il formato delle proporzioni auree, quindi molto bello da tenere tra le mani, con una apertura che facilita veramente molto la lettura, vista l’impaginazione bella pulita, soprattutto lato rilegatura.
Costo di 17 €.

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Gilda Policastro è nata a Salerno, è ha studiato Letteratura italiana.

Scrittrice e critica letteraria, cura alcune rubriche come “Bottega della poesia” per «La Repubblica» ed è redattrice de “Le parole e le cose” e  “Allegoria“.
Presso l’Università di Perugia è ricercatrice e ha svolto e pubblicato studi su vari autori come Dante, Leopardi, Sanguineti, Pasolini. Attualmente vive a Roma ed è presente con la sua “Stagioni” nel “Decimo quaderno di poesia contemporanea“.
Nel 2009 vince il “Premio Delfini” e il “Premio d’if“.

Il suo primo romanzo è “Il farmaco” (Fandango, 2010), seguito poi da “Sotto” (2013), “Cella” (Marsilio, 2015) e, in ultimo, “La parte di Malvasia” (La Nave di Teseo, 2021).

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E il libro di oggi, come s’è capito, è proprio La parte di Malvasia.

Protagonista è appunto Malvasia, una donna dall’età non propriamente ben definita, che arriva in una palazzina del napoletano e trasloca in uno degli appartamenti, sotto lo sguardo vigile, attento, scrupolosamente indagatorio del resto degli inquilini e dell’intero vicinato.

Nonostante fosse poi trascorso del tempo, da quel suo ingresso nel palazzo, di Malvasia non si sa altro e ben pochi degli altri condomini hanno avuto modo di incrociarla e di conoscerla realmente.
Un alone di mistero attornia la donna, mistero alimentato dalle speculazioni che proprio il vicinato montava su di lei, non ottenendone alcuna notizia fresca e di prima mano.

Il risultato?
Nessuno conosceva realmente Malvasia, ma tutti sapevano qualcosa di lei. Fino al giorno in cui, dalla sua vita hanno iniziato a parlare della sua morte. Si, perché Malvasia viene trovata morta in casa e il pettegolezzo, la speculazione più succosa non muore certo con la morte della persona, anzi si ritrova alimentata ancor più.
A occuparsi del caso, arrivano il Commissario Arena e il suo assistente Gippo a cui passa quindi tutta la pratica e la responsabilità dell’indagine.

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Il bello, quindi, dovrebbe partire proprio da qui, da una narrazione che prende le tinte del giallo e della narrazione tipica di questo genere.
Con Gippo che deve indagare nella vita della defunta, interrogare eventuali parenti, amici e conoscenti, persino quei vicini così interessati alla nuova giunta, per definire se si tratti di un suicidio e di un omicidio. Un indizio dietro l’altro, alla ricerca della verità, dell’eventuale movente o del motivo per il quale la poveretta ha eventualmente deciso di togliersi la vita.

E invece no.
Policastro decide che non è l’indagine in se per se che le interessa raccontare.

Da questa partenza, il romanzo non riesce a prendere il sapore di un giallo, precipitando in un fiume in piena di parole e pensieri, spostandosi da Malvasia per arrivare a focalizzarsi su altri personaggi che, apparentemente, sembrano vorticarle attorno. Siano essi i cosiddetti amanti, compagni di vita e fuoriusciti da un nebuloso passato, o sui suoi familiari e affetti, che tanto affettuosi non sembrano. Per arrivare, addirittura, a focalizzarsi su chi queste indagini avrebbe dovuto portarle avanti, cioè proprio su Gippo che prende, improvvisamente, il focus del racconto. È la sua vita, il suo modo di essere, le sue relazioni, a divenire di fondamentale interesse per Poliscastro.

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La sua è una scrittura molto particolare.
Se il primo impatto è quello di ritrovarsi avanti ad un fiume in piena di pensieri e parole, tanto che anche l’impaginazione diventa serrata, senza alcun andare a capo, il secondo punto che salta all’occhio è che questo fiume di pensiero autocosciente dei personaggi, diventa profondamente caotico.
La suddivisione, per così dire, in capitoli, non riesce ad aiutare il lettore nel capire chi sia il personaggio che viene sviscerato, tanto che si salta poi dall’uno all’altro, o almeno, in questa danza caotica, così sembra, fino a che non si ha l’impressione che questo saltare di coscienza in coscienza non diventi la rappresentazione e il raccontare una sola e unica coscienza e un solo personaggio dalle molte e varie sfaccettature.

Anche il testo e lo stile, possiamo dire il sapore che Policastro da alla scrittura è particolare, quasi musicale in certi suoi passaggi. Infatti ritroviamo, in un flusso di coscienza quasi delirante, una scrittura quasi canora, poetica, molto merlettata e infarcita di estrosità, che coinvolge ancor più il lettore, ottenendo una presa che altrimenti la storia non riuscirebbe ad avere, per la caoticità generale con cui è raccontata.

Ho trovato molta difficoltà nel leggere questa storia, almeno fino a pagina 170.
Proprio lì, a partire da lì, la storia sembra cambiare. Il fiume, la cascata irruenta di pensieri e ricordi e riflessioni, si interrompe e la narrazione prende quasi un respiro di coscienza e consapevolezza. Sembra quasi che la vicenda possa trovare dei binari chiari su cui raccogliersi e proseguire.

Persino Malvasia torna protagonista, almeno finché il focus non si sposta nuovamente sul personaggio che realmente vuole essere raccontato e che sembra invece essersi nascosto in questo turbinio di riflessioni, tematiche e pensieri confusi. E il mio disappunto è tornato prepotente, quando le promesse lì annunciate, sembrano scomparire nuovamente, dimenticate e trascinate via da quello stesso fiume in piena.

Purtroppo, al giallo si sostituisce, anzitempo, un impianto che serve come flusso di coscienza per indagare la vita passata e le gesta di un non ben precisato personaggio, che se viene raccontato, non si riesce comunque a definirlo per intero e, arrivati a questo punto, quasi alla fine della narrazione, a poco servono gli arzigogoli, le allitterazioni e gli stili evocativi del testo, perché la difficoltà di riuscire a comprendere e seguire un filo logico, superano lo stile di scrittura, annullandolo. Però, forse proprio per i temi trattati, non si riesce a non empatizzare con quanto viene raccontato, soprattutto quando i temi sono quelli della vecchiaia, dell’invecchiare, del vedere il proprio corpo modificarsi nel tempo, perdere tonicità, la soda bellezza dei volumi e delle forme, quando poi questo inevitabile processo viene percepito coscientemente e riguarda una donna che sente ancor più, nel corpo, il cambiamento, l’arrivo della malattia, del cancro e come questo riesce a strappar via la consapevolezza e la dignità.

Su questi temi, questo sentire, è ancora possibile avvicinarsi al personaggio raccontato e che si tenta di costruire e ricostruire.

Però, ancora purtroppo, tutta la sensazione claustrofobica, di confusione, di perdita dell’orientamento che hanno caratterizzato la vicenda fino a quel momento e che sembravano venissero abbandonate con la promessa di un chiarimento limpido, viene disatteso e si resta realmente con un palmo di naso, in un equilibrio precario.

Non sono quindi riuscito a capire effettivamente di chi la Policastro stesse parlando, perché tutto mi è rimasto molto nel vago e il senso opprimente che penso abbia creato e di forte tensione e nausea claustrofobica, hanno in me preso il sopravvento.
Oltre al dispiacere per il destino delle vite raccontate, non mi è rimasto nulla se non lo stile nel creare una musicalità con le parole e quindi un ritmo in alcune pagine veramente affascinante.

Sarà forse il periodo sbagliato per me, per accostarmi a questo libro, o è proprio fuori dalle mie corde e non ho gli strumenti per capirlo appieno, ma mi dispiace non esserci riuscito. Magari più in là, ripeterò la lettura e riuscirò a collegare quegli elementi, per ora senza connessione apparente, e a tirare meglio le fila della questione.
Ma fino ad allora, ho bisogno di voi. Spiegatemi un po’ che mi sono perso, ditemi cosa ne pensate, cosa ha voluto dirci Policastro in questo romanzo. Se a voi è piaciuto, su cosa dovrei concentrarmi di più.

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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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