@Re_Censo #470 La città dei vivi | Premio Napoli

La città dei vivi
Premio Napoli

Primo libro in concorso al Premio Napoli 2021! Iniziamo!

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Il primo libro che ho letto è La Città dei Vivi, edito Einaudi, rilegato in cartonato con sovraccoperta. Anche la copertina, la foto in copertina, è evocativa del tema trattato, ma per capirla, bisogna leggere il libro.
Libro che, premetto, non è stato affatto semplice da leggere, nonostante fosse scorrevole.

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Lo scrittrice è Nicola Lagioia, nato a Bari il 18 aprile 1973, esordisce nel 2001 col romanzo “Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare sé stessi)” e nel 2004 pubblica il romanzo “Occidente per principianti“, diventando già finalista con questo titolo per il Premio Napoli nel 2005 (all’epoca, a vincere fu Antonio De Benedetti con “E fu settembre“).
Dal 2003 al 2008 ha pubblicato con Rizzoli, Minimum Fax, Nuovadimensione, Laterza e Neri Pozza, un libro l’anno e nel 2009 vince il SuperPremio Vittorini, il Premio Volponi e il Premio Viareggio per la narrativa.
Nel 2015 vince il Premio Strega con “La ferocia” e collabora dirigendo Nichel, la collana di letteratura italiana di Minimum Fax e come conduttore di Pagina3 per Rai Radio 3.
Dal 2013 al 2015 è designato per tre anni di fila come uno dei selezionatori della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e dal 2017 dirige il Salone internazionale del libro di Torino.
Nel 2021 pubblica quindi “La città dei Vivi“, rifacendosi alle indagini sul caso dell’omicidio Varani, commesso nel 2016 a Roma.

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La città dei vivi è quindi il risultato del suo lavoro di indagine attorno al caso Varani e per poter parlare di questo libro, devo fare un inciso molto importante.

È la prima volta che leggo di un caso di cronaca  italiana, soprattutto cronaca nera.
Inizialmente non ne avevo idea, pensavo fosse un racconto ambientato nel nostro paese, ma palesemente inventato.
L’epifania sulla veridicità dell’evento è sopraggiunta lentamente, mentre leggevo le prime pagine e le prime testimonianze, tanto che YouTube è stato uno strumento importante per darmi una conferma di quanto leggevo, così come anche Facebook, dopo più di metà libro, perché in me nasceva la necessità di capire Marta Gaia, il suo dolore, le sue reazioni, così come quello dei genitori di Varani.
Ma questa mia ricerca mi ha fatto anche più male del libro, perché il racconto è saltato fuori dalle pagine e mi si è proiettato addosso, mostrandosi quanto mai veritiero. Drammaticamente veritiero e avrei preferito non mi facesse così male, ma il mio partecipare di questo male è stato, decisamente, necessario. E necessario è il rispetto per le persone coinvolte, vive e morte, in questa bruttissima faccenda, percui non metterò foto o estrapolazioni video, ma tratterò il libro come libro, senza altro supporto di media vari.

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In breve, Luca Varani, giovane studente romano, proviene da una famiglia romana che lo adottò.
Non sono di quella Roma da bene, ma di quella umile e lavoratrice.
Era fidanzato con Marta Gaia già da giovanissimi e alternava vari lavori e lavoretti per offrire alla ragazza il meglio.
Nella narrazione dei fatti, ci è mostrato anche nelle sue debolezze, come per il gioco e le macchinette che gli bruciavano gran parte dei sudati guadagni. Ma Luca Varani apparentemente si spingeva anche oltre, nel riuscire a racimolare cifre più sostanziose che lo allontanassero dalle condizioni tutt’altro che abbienti in cui viveva.

Un giorno, purtroppo, è stato contattato da Marco Prato perché lo raggiungesse in via Igino Giordani, casa di Manuel Foffo, suo amico, per partecipare a un festino tra loro. Ma da lì Varani non uscirà mai più con i suoi stessi piedi, perché il 6 marzo 2016 Luca muore per mano dei due ragazzi.

Il racconto si apre con un turista che riprendiamo spesso nella narrazione e che inizialmente sembra un elemento utile e poi distraente, ma che poi si trasforma in un elemento misterioso e concreto che racconta la condizione della società italiana e romana. Come in una specie di denuncia portata avanti da Lagioia, che non la politicizza e non gli dà alcun colore partitico, tramite il turista olandese, parte un viaggio nella società romana, nella politica della capitale e nella condizione delle istituzioni, quindi di rimando del tessuto sociale di una Roma sempre più calata nel precario, sempre più terrificante, abbandonata a se stessa. Come se questa immagine di decadenza amministrativa possa farsi parallelo della decadenza umana.
Quindi attraverso questo racconto costante della condizione della città, da cui esce come una malattia che incancrenisce le relazioni di chi vi abita, Lagioia parte da un lutto dei Foffo per poi tornare indietro nel tempo.

Inizia a indagare e raccontare chi siano i protagonisti della terribile vicenda, avvicinandosi alle loro vite con rispetto e senza dimenticare nulla, senza commentare o dare giudizi, lasciando al lettore il semplice scorrere dei fatti, che però di semplice non hanno nulla.

Manuel Foffo vive una relazione di odio col padre che lo ha estromesso dalla gestione condivisa delle attività di famiglia.
Marco Prato vive un conflitto profondo con la figura della madre, vive una sessualità poco rispettosa dei suoi partener e di se stesso, che lo porta a sviluppare le sue relazioni in modo tossico, opportunista e prevaricatore. Entrambi fuoriescono, al contrario di Varani, dalla società benestante, ricca.
Ma i soldi, è evidente, non fanno la felicità, ma comprano la droga.
I due, che si sono conosciuti quasi per puro caso, decidono di rivedersi e Prato convince Foffo a condire i loro incontri con fiumi di cocaina e vodka.

Nel racconto, come ovviamente nell’indagine, si è provato anche a fare un conto di quanta cocaina i due avessero consumato in quei giorni. Decisamente troppa. E proprio a causa della droga, i due si avvicinano, sperimentano sensazioni condivise, attrazioni, paure, sogni e desideri comuni di liberazione e rinascita, di autodeterminazione che passa anche per la vendetta.

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L’indagine riesce a ricostruire uno strano tentativo di prevaricazione di Prato nei confronti di Foffo, intuendo in questo il desiderio di liberarsi del padre per vivere appieno il suo potenziale e sfruttando questo e la sua conturbante perversione, Prato lo incita, facendogli sentire che tutto è possibile, stando assieme, che c’è persino il modo di svoltarla, progettando assieme un’impresa che li avvantaggi entrambi, economicamente.

In questa storia fatta di luci e ombre, molte ombre, di forti contrasti e di una delirante e ambiziosa realtà che prende corpo attraverso lo sballo della droga, accade l’impensabile e il modo col quale si arriva all’evento culmine, che all’inizio prendiamo come già accaduto, ma che poi si alterna alle indagini, alle ricostruzioni, agli interrogatori, interviste e incontri, proprio quando si arriva a quel momento, il tutto si ferma, il cuore smette di battere, rallenta talmente tanto, da diventare il cuore stesso di Luca Varani.

Lagioia riesce a raccontare, a scrivere, con una semplicità disarmante, un realismo incredibile, assolutamente crudo, come nudi e crudi sono i fatti fuoriusciti dai testimoni e dagli intervistati, che diventa difficile scollarsi da quelle pagine, ma che poi quelle stesse pagine ci spingono a scostarci, a prenderci una pausa, perché la nausea suscitata da quanto di più assurdo è accaduto, diventa insopportabile e ingestibile.
Non vi nascondo che ho pianto in quelli che sono stati gli ultimi attimi di Luca.
Ho tremato ad ogni colpo inferto e le domande dell’autore erano le mie e le perplessità, il dolore dei genitori di Luca e della ragazza Marta Gaia, sono inevitabilmente diventate le mie.

Lagioia, nel raccontare questo omicidio e nel mettere ordine a interrogatori, perizie, interviste, ci mette del suo.
Accostarsi a un fatto di cronaca nera così efferata, ha sempre un costo nell’umanità di chi ci lavora. Lagioia si avvicina per dei motivi tutti suoi, personalissimi, che restano taciuti fino all’ultimo, ma che danno ancora più forza all’impianto narrativo.
Il suo intrecciare questo fatto con la decadenza romana, della società e di una morale sempre più cieca e bieca, documentata e ricercata, riesce a costruire una realtà che è già sotto i nostri occhi e che fatichiamo alle volte a vedere per quello che è, una grande sconfitta dell’umanità.

E Lagioia lo dice chiaro e tondo, mostrandoci quanto questa decadenza e sconfitta sia permeata fino ai più giovani, tanto da intossicare le loro stesse relazioni, fino ad arrivare ad un omicidio che gli inquirenti hanno cercato di indicare in tutta la sua efferatezza, follia, premeditazione e concezione sotto non solo gli effluvi di alcol e droga, ma anche e soprattutto come risultato delle relazioni dannose che i due indagati hanno vissuto, prima ancora di tutto, nelle loro stesse famiglie.
In loro avviene un cosiddetto “contagio psichico” che li infetta e li fa condividere la stessa follia, la stessa eccitazione. Lo stesso percorso.

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Quella realtà che dovrebbe invece fare l’esatto opposto, quindi creare, rafforzare le capacità del singolo per poi renderlo capace di vivere con gli altri, qui quella che possiamo chiamare “situazione contingente”, trova le porte spalancate al male, alla prevaricazione, all’inesprimibile bramosia di vendetta per liberarsi da un destino che si percepisce come segnato, finito, ovviamente non proprio e da rifuggire, allontanare attraverso lo stordimento di sostanze, rapporti promiscui e l’inevitabile violenza che non riesce neanche a trovare un senso, una risposta, un significato.

Addirittura Manuel Foffo non conosce la sua stessa vittima e Marco Prato rigetta le accuse, lasciando all’amico la responsabilità dell’accaduto.
Se quindi i due, in carcere, arrivano piano piano a raccontare i fatti, non fanno altro poi che accusarsi a vicenda, spostando sull’altro la responsabilità.

E il male che viene quindi raccontato, che sembra muoversi sulle gambe del turista olandese in maniera palese, per le sue gesta pedofile, diventa inspiegabile nelle azioni dei due assassini, tanto quanto in quelle dei loro genitori, che neanche hanno mai chiesto scusa, perdono, fatto appelli, telefonate ai genitori del povero Luca Varani.
Quindi già da questo è evidente come la tossicità del male, diventa una corsia preferenziale per l’errore, per consolidare comportamenti sbagliati e creare relazioni tossiche: se non hanno saputo capire i propri figli, relazionarsi a loro, come possono i padri dei due, Foffo e Prato, riuscire mai a scusarsi per le azioni dei figli?

Al male si aggiunge male, perché al male ricevuto dai due ragazzi è corrisposto il male che hanno fatto a se stessi, l’uno all’altro e poi al male che hanno agognato fare ad un terzo, chiunque esso sia e che una bieca sorte ha lasciato cadere sul malcapitato Varani.

Per concludere, ho trovato questo libro la prima lettura assurda, sconvolgente, senza parole e senza vere risposte (come rispondere a questo male?) della mia vita e mi ha sconvolto.
Forse non avrei dovuto accostarci i documentari, gli spezzoni di interviste varie, perché non ho fatto altro che confermare la veridicità che già traspirava dalle righe di Lagioia. Ma così facendo, questa storia assurda è entrata ancor più in me e la vita di Luca mi ha trovato in sintonia con lui, con la sua fine, col dolore provato e con quello che accompagna i genitori e la ragazza.

Questa è una storia vera, quindi vi aspetto nei commenti qui sotto con quanta più delicatezza e rispetto possibile, da parte vostra, e ditemi cosa ne pensate della scrittura così coinvolgente e magnetica di Lagioia.

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Se volete recuperare il libro, lo potete trovare nel link affiliato e una volta letto, condividete nei commenti qui sotto il vostro pensiero a riguardo. Noi ci vediamo con la seconda lettura di questo Premio Napoli 2021, quindi vi aspetto!
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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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