MONTMARTRE
tra poesia e riflessione
Ogni anno, al Comicon acquisto un’opera o due targate Lavieri e per mantenere la tradizione, ho voluto acquistare online il fumetto di oggi. Come sapete, mi sono innamorato follemente del personaggio di Dupin, edito da Lavieri e realizzato da Liuzzi, Benefico e Vitti.
Oggi però parliamo di Montmartre, splendida graphic novel, realizzata da Gaia Favaro e, appunto, Gianfranco Vitti, presentata in un cartonato meraviglioso, tutto a colori con le pagine che hanno un odore magnifico e inebriante, del costo di 15,50€, appartenente alla collana Lavieri, I Fuori Serie.
Gaia Favaro è nata nel 1978 a Taranto.
Intraprende gli studi classici, dove conferma e rafforza il suo legame con la scrittura, come suo mezzo espressivo e conosce i grandi autori classici e non solo. Così si dedica alla poesia, scrivendo più di sessanta componimenti, ancora inediti. La sua passione per la scrittura la conduce a dar vita ad una raccolta di fiabe “Le storie di Pilù” e a collaborazioni con “Extra Magazine” e il blog “Caratteri Contrari“, curandone le rubriche.
Ha frequentato un corso di sceneggiatura del fumetto, con l’associazione “Labo Fumetto“.
Gianfranco Vitti è nato a Taranto nel 1975.
Laureato all’Accademia delle Belle Arti di Lecce, in Pittura, coltiva in parallelo la sua grande passione per il fumetto, combinando nelle sue opere fumettistiche, la sua predilezione pittorica, con tratti e pennellate molto profonde che, come vedremo, riescono a creare volumi interessanti e realistici. È co-fondatore e insegnante del LABO “laboratorio di fumetto”, con il quale ha realizzato Ta-Dan e poi la serie Experiment. Uno degli autori, come detto, di André Dupin, accosta Favaro nella realizzazione di questa graphic novel.
La storia di “Montmartre” è decisamente affascinante.
Protagonista della narrazione, quindi punto focale attorno cui è sviluppata la storia, è Lucille Morel, una ragazza che si trasferisce a Montmartre per studi artistici. Va a coabitare con altri ragazzi a casa di una anziana signora alquanto sprucida, ma non è l’unica.
Trapiantata in un ambiente nuovo, Lucille sembra inizialmente un pesce fuor d’acqua e chiunque la attorni sembra rapito nel suo mondo e nel suo quotidiano, ma lei non demorde e il cambiamento che viene raccontato, per immagini, denota come i suoi sforzi nel presentare se stessa per quella che è, l’abbiano ripagata e molti cambiano atteggiamento nei suoi riguardi.
Ma Lucille nota, una notte, che c’è qualcuno sul tetto del palazzo di fronte, che si aggira con fare circospetto. La curiosità è tanta, ma anche la paura e man mano che la ragazza si ambienta e crea il proprio spazio, conosce sempre più personaggi che caratterizzano il suo nuovo quartiere. Saranno poi i compagni di corso a diventare parte della sua nuova comitiva.
Ciò che qui viene presentato è un racconto molto profondo, introspettivo, che ci presenta tutta una serie di personaggi che Lucille incontra e che nel farsi conoscere, si mostrano anche al lettore che così inizia a simpatizzare o meno, proprio come se fosse un compagno di Lucille. Ma questo è anche un racconto molto poetico, profondamente intriso di una atmosfera onirica, perché ci addentriamo nella psiche di Lucille, nei suoi pensieri, domande, problematiche, riflessioni, tanto che questi, ad un certo punto, prendono molto spazio nella narrazione, tanto da diventare loro stessi i protagonisti con cui misurarsi, per poi rientrare al loro posto per riproporci Lucille, quasi dovessimo accostarci a lei, adesso, con uno sguardo più attento. E non accade solo al personaggio di Lucille.
Un po’ come un magnete tra file di polvere di ferro, Lucille cammina per Montmartre e attira gli eventi, alle volte scatenandoli lei stessa, incrociando amici e persone, quasi infatuandosi di un misterioso personaggio, burbero, scontroso, ma che si dimostra avere un passato che resta nebuloso fino all’ultimo momento, ma che salta fuori prepotente e delicato al tempo stesso, con dei brevi flashback, ricordi e sensazioni che rimandano a una grande sofferenza e che portano a chiedersi Lucille cosa cerchi in lui e lui cosa vede in lei. O chi rivede in lei.
Questa storia ha il sapore delle tipiche storie francesi, i ritmi, i tempi e l’aria che se ne respira, mi hanno riportato agli ambienti che ho conosciuto con “L’eleganza del Riccio” e posso dire che persino il finale agrodolce mi ricorda il finale di Renée.
Speranze, evasione e autodeterminazione si scontrano con tensioni, paure, ricordi e lungaggini di un passato mai risolto e un presente che si domanda “come si incontrano due persone?”
E tutto questo incantevole gusto che possiamo assaporare nella vicenda, passa anche attraverso il disegno, disegno che si apre a noi prepotentemente già nella prima tavola, con uno stile che chi ha letto Dupin già conosce.
Un disegno dalle linee semplici, che costruisce personaggi che hanno fisici, anatomie molto leggere, morbide, ma espressioni presenti, vere, evocative. Sono i visi dei personaggi a parlarci di loro, con sorrisi, cipigli, sguardi persi.
Ancora, inseriti in paesaggi che sono estremamente realistici, evocativi. Non solo dei fondali su cui le scene prendono vita, ma parti integranti della narrazione, che la rendono così ancora più viva e vera.
Anche i colori, così caldi e dal sapore autunnale, di acquerelli decisi, non slavati, dalle campiture forti e presenti, creano un ambiente familiare, comodo, estremamente palpabile, dove l’occhio cade, viene catturato, esplora vicoli, finestre, balconi, bancarelle, tetti.
Le tavole sono belle grandi e spaziano da vignette enormi, a piena pagina, ad altre incasellate in un layout decisamente più stretto. Tante piccole finestrelle che si concentrano sui personaggi, ammutolendo, serrando il ritmo della lettura, coinvolgendo il lettore in un’avventura che deve camminare senza ostacoli. Allo stesso tempo poi le vignette si allargano, scompaiono, le tavole respirano del bianco di sfondo, per farci entrare nella mente di Lucille e degli altri, ammorbidendo il tono onirico, per farci impattare con la dura realtà di una conclusione che lascia col cuore in trepidazione e il fiato sospeso.
Un passaggio, un venticello che dopo che è passato, lascia di se le foglie smosse, gli odori nuovi, i capelli scompigliati. Sembra proprio questa, come sensazione, ciò che Lucille lascia nella vita dei suoi nuovi amici e di rimando nel lettore, alla fine della storia.
Una poesia delicata, che diventa reale nel disegno, che ci accoglie, ci coccola, poi si capitombola direttamente al suo climax per arrivare naturalmente, organicamente, al suo finale.
Una storia delicata, piena di umanità, compassione, desiderio, che mi è piaciuta moltissimo. Conoscevo già il lavoro di Vitti, ma direi che in binata con Favaro e con la sua poetica, sono una combo micidiale e se di Dupin ne aspetto sempre uno nuovo, non posso che desiderare altre storie partorite dalla mente, dalle penne e dai pennelli di questi due autori veramente meravigliosi.
Avete letto Montmartre? Se si ditemi la vostra nei commenti qui sotto, cosa vi è piaciuto, cosa vi ha commosso, cosa invece vi ha fatto storcere il naso e convinto meno e se invece non lo avete letto, vi lascio il link affiliato per acquistarlo e recuperare una lettura davvero straordinaria.
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