@Re_Censo #431 A volte ritorno | #LASETTADEILIBRI

A volte ritorno
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Oggi torniamo a vestire i panni della Setta dei Libri per la lettura di maggio 2021. Iniziamo!

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Il libro di cui parliamo oggi è “A volte ritorno“, lettura mensile per La Setta dei Libri, è scritto da John Niven, per Einaudi, 2012. Costo di 13€.

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@Re_Censo #431 A volte ritorno | #LASETTADEILIBRI Jhon Niven

Parliamo brevemente di John Niven.
John Niven è nato a Irvine, contea di Ayrshire nel sud-ovest della Scozia, nel 1968.
Si è laureato in letteratura inglese nel 1991 alla “Glasgow University” e, per circa dieci anni, ha lavorato per diverse etichette musicali, per poi dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.

Ha debuttato con il romanzo breve intitolato “Music from Big Pink” nel 2005, ma il successo gli arriverà nel 2008 con “Uccidi i tuoi amici“, romanzo satirico basato sulla sua esperienza come scopritore di nuovi talenti e il sito web “Word Magazine” l’ha definito come “il miglior romanzo britannico dopo Trainspotting“. L’autore ha lavorato sull’adattamento cinematografico, diretto da Owen Harris nel 2015.
Niven ha pubblicato altri romanzi dal 2009 al 2015 come, “The Amateurs“, “A volte ritorno“, “Cold Hands“, “Maschio bianco etero“, “Le solite sospette“.

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Parliamo quindi del libro!

Sono in vera difficoltà, nel mettermi a parlare di questo libro.
All’inizio ho storto il naso, quando abbiamo dovuto votarlo, ma poi ero curioso di ridere un po’, quando però l’ho aperto e iniziato a leggere, tra le risate è apparsa la preoccupazione che la risata troppo veloce e il luogo comune fossero troppo a braccetto per far passare un messaggio vero sulla figura del protagonista.
Ed è un po’ ciò che è accaduto, preferendo una visione di Gesù Cristo personalissima dell’autore.

La storia è semplice: Dio torna da una vacanza, si rimette in pari con gli eventi sulla Terra, vede discriminazioni, guerre, povertà, riunisce il suo consiglio ristretto di santi, convoca il Figlio e scende all’Inferno. Decide che è tempo di un’azione drastica e invece che un diluvio, come da titolo, fa scendere dinuovo il Figlio sulla Terra, facendolo rinascere nel 1979, in America e lì dovrà trovare il modo, adatto ai tempi che vive, per rispolverare l’insegnamento che l’autore gli mette in bocca, ossia “Fate i bravi”.

Capite da voi che non è proprio questo ciò l’ortodossia cristiana insegna riguardo Cristo e la sua prima venuta, in attesa della vera parusia, alla fine dei tempi.

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Quindi la domanda è: ne parlo come il romanzo che è, oppure ne parlo con uno sguardo più teologico e cristiano?

Provo, ovviamente a farlo in ambo i sensi e spero non esca una filippica scocciante, ma vi aspetto nei commenti, educatamente fatemi sapere la vostra.

Il libro si fa leggere.
Scorre veramente bene, è scritto molto bene e scommetto che funziona anche meglio in lingua originale a causa del suo linguaggio molto colorito e del suo slang, che in italiano perde alquanto di potenza, ma si lascia capire. Apprezzare no, almeno non per me.

Gesù assomiglia molto ad un fricchettone ed è rappresentato come un ragazzo con la passione per la musica, le canne, le donne e una selezione di cattive parole da far rabbrividire i calendari. Non che Dio, i santi e tutta la combriccola sia da meno.
Nelle sue azioni scorgiamo una fiducia incrollabile (o una calma da marija) nella provvidenza, anche se non viene mai nominata. Si fa guidare come spinto dalla corrente del fiume, da visioni, sogni, sensazioni. Ha i ricordi di quanto è successo a Gerusalemme 2000 anni prima e non gli va giù che il suo messaggio non sia stato capito.

Qui scopro che l’autore, ed ero curioso di sapere se avesse fatto studi del genere, non ha nulla a che vedere con la teologia, lascia semplicemente parlare i luoghi comuni, il sordido trapelato e denunciato dai media, mettendo alla berlina in primis i cattolici e poi tutte quelle confessioni nate dal protestantesimo, in un elenco che mette i brividi per quanto appaia così spudorato e al tempo stesso convincente in quel che dice.

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Gesù sfrutta il mondo della televisione, o meglio dei talent show, come trampolino di lancio per mostrarsi nuovamente a tutto il genere umano, scarrozzando la sua allegra combriccola, il cosiddetto “caravanserraglio”, fino a Los Angeles dove, superate le selezioni, parteciperà al programma American Popstar, esibendosi sul palcoscenico, guidato da uno dei giudici, ma limitandosi sostanzialmente a fare la guerra al più temibile dei tre, nonché produttore, Stelfox che però non viene sfruttato come eventuale servo del demonio.

Anzi, tutti i personaggi umani, fanno semplicemente gli esseri umani; non c’è alcun quadretto di possessioni ne di influenze maligne, l’uomo fa l’uomo e Niven riesce a raccontarli sfruttando il suo linguaggio crudo, atroce e per niente simpatico, sottolineando alcune caratteristiche per definire l’intera persona, fregandosene anche del politically correct, quindi gli omosessuali sono froci, le donne grasse sono ciccione, i maschi grassi dei lardosi, gli spettatori di Stelfox dei merdaioli e così via discorrendo, mostrandoci in maniera così cruda anche il mondo della televisione, come massimo esempio del degenerare dell’umanità.

Allora qui dove è l’azione salvifica di Gesù?
Sembra non esserci.
O almeno, questo Gesù parrebbe essere un musicista povero in canna, che si fa di canne e che trova ogni tanto il modo di aiutare qualche barbone, accoglie con se, senza averne i mezzi, le persone bisognose e cerca il modo di autoprodurre la propria musica o le cover, per raggranellare qualche spicciolo. In più denigra tutto ciò che è nato dalla sua prima discesa sulla Terra, rifiutando tutto ciò che dal cristianesimo è derivato, a cominciare dal comportamento di un anonimo papa e indicando una serie indefinita di azioni umane come non desiderate da Dio.

Il suo unico scopo è rinnovare il suo “fate i bravi”, concetto che non è riuscito a imprimere nell’umanità 2000 anni prima.
Peccato che lui non è venuto a dire questo ed è da qui che mi è venuta la curiosità circa Niven, perché speravo almeno avesse fatto studi che lo abbiano portato a questo pensiero, invece le sue biografie non dicono altro che è conoscitore di musica, cosa alquanto evidente nel libro.
Allora la cosa è chiara, sono solo suoi punti di vista, non è una retrospettiva biblica quella che fa, non ha intenzione di affrontare il Cristo biblico e di mostrare la sua esperienza, ma la sua versione personale, edulcorata, semplificata, assottigliata e quindi stravista e lontana dalla realtà dei fatti e della tradizione accolta dal cristianesimo.

E qui ho bisogno di fare un po’ il catechista, permettetemi.
Cristo, nella Bibbia, è venuto per adempiere il disegno di Dio di vedere salva l’umanità, ristabilita la sua dignità e riallacciata nel rapporto creatura-creatore.
Non si sa perché, non si sa come, non si sa come mai, si sa solo quanto dice la Bibbia, ossia che liberamente piacque a Dio di fare così e per sua volontà, nei tempi da lui prestabiliti, conosciuti come “la pienezza dei tempi”, è sceso in terra, nascendo da donna, sotto la Legge, nella stirpe di Davide, Re di Gerusalemme.
Nella sua doppia natura, divina da sempre e per sempre, e umana che è nata nel tempo e che dopo la morte e risurrezione è ascesa al cielo, Gesù è andato in lungo e in largo nella Terrasanta per portare a tutti il lieto annunzio, ossia che il Re promesso da Dio è arrivato, che bisogna convertirsi, che dovrà molto soffrire per scontare il peccato, la separazione che l’umanità ha voluto facendosi il dio di se stessa, per ripristinare la pace e l’armonia iniziali.

Come fare tutto questo?
Amando Dio e il prossimo come se stessi.
Cosa ha fatto dei suoi 33 anni in mezzo a noi? È cresciuto in salute e sapienza, ha iniziato la sua attività pubblica convertendo, curando, sanando, indicando come vivere e cosa fare, prima di essere arrestato con false accuse dalla sua stessa gente, messo a morte, crocifisso e sepolto e, secondo le Scritture, risorto al terzo giorno, donando lo Spirito Santo e ritornando quindi a Dio in attesa dell’ultima venuta, nella quale, alla fine dei tempi, giudicherà il mondo.

Di tutto questo, della trinità, del messaggio evangelico, del fare miracoli come segni di un amore che chiama e invita alla conversione del cuore, quindi a prendere coscienza di se e decidere convintamente di cambiare e lavorare per accogliere la salvezza offerta, non si fa parola.
L’unica cosa di cui forse si accenna, ma limitatamente e forse per scambio, è l’accogliere e prendersi cura degli ultimi, anche se lo fa in modo tutto suo e strano, apparendo quasi più come una ONLUS che come il Figlio di Dio. E riassumere quanto detto, che altro non è che, semplificando, un percorso pedagogico e spirituale assieme, in uno sloga “fate i bravi”, ma neanche il Signor Balocco con “fate i buoni”!

Insomma, una visione molto americana, molto stereotipata, che non centra il personaggio, lo sminuisce, lo rende una macchietta e che, nell’ultima porzione del libro, ci mostra una cornice veramente tipica americana, quella della comunità sui generis, guidata da un santone strafatto, che si autogestisce, regola, fa lavoretti, vive ai confini della società, accogliendo utopisticamente chi ne ha bisogno. Un’idea rispettabilissima, ma che non fissa per niente il punto della vita comunitaria scelta da Gesù, che è stato nel mondo, tra la gente, non in disparte con i suoi e basta.
Altro punto che discorda.

Si arriva ad un finale che io speravo di non vedere e di cui ho iniziato a sentirne la puzza di bruciato già a partire dalla fine del talent, vedendo il numero di pagine che mancavano alla fine. Mi aspettavo un percorso differente, forte, impegnato evangelicamente, nel senso del messaggio da inviare, con un po’ più di presenza a se stesso, invece resta una specie di anonimo figlio dei fiori, non un Maestro, una guida.
Sorprende invece il vero finale, quella piccola parentesi, un accento forte che se ne frega ancora una volta delle scritture e che deplora i 3 giorni scegliendone 15 per mostrarsi dinuovo, ma almeno si mostra ad una donna… seppur forse l’autore non ne conosca affatto il significato, scommetto.

In realtà ci sarebbe tanto da dire, prende pezzo pezzo e piazzarlo in contrasto e confronto col vero Cristo sarebbe uno sport che in realtà mi ha stuzzicato assai durante la lettura, ma alla fine ho deciso di pensare questo libro come un libro, prodotto di fantasia e dalle smanie di grandezza di un autore che senza arte ne parte, decide di parlare di qualcosa che non conosce o che conosce limitatamente.

Unico pregio, oltre alla sfacciataggine con cui indica i problemi della chiesa nel mondo e la falsità di gran parte di quelli che quasi indica come suoi associati, è la sua scrittura, la capacità di rendere le immagini con parole forti, immediate, dirette. Una scrittura senza grandi ricami, fresca, trascinante, assai convincente e che proprio per questo per me rischia di esser presa anche troppo sul serio.
Ma la parresia, la franchezza del messaggio cristiano teso nell’attesa della parusia, l’ultima venuta di Cristo, a mostrare il centro del messaggio evangelico, il kerygma, il cuore dell’annuncio, è scomparso, rendendo praticamente vuoto il personaggio di Cristo. Uomo si, senz’altro, ma non Dio.

Basta, mi fermo, meglio se mi fermo! Ditemi la vostra, vi aspetto nei commenti qui sotto, mi raccomando! 

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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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