@Re_Censo #391 Morte di una sirena | #LASETTADEILIBRI

Morte di una sirena
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Oggi torniamo a vestire i panni della Setta dei Libri per la lettura di dicembre 2020. Iniziamo!

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Il libro di cui parliamo oggi è “Morte di una sirena“, lettura mensile per La Setta dei Libri, è scritto da Rydahl & Kazinski, per Neri Pozza Editore, 2020. Costo di 18€.

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Parliamo brevemente di chi sia questo Rydahl & Kazinski, perché pensavo fosse un lavoro a quattro mani.
Thomas Rydahl è uno scrittore danese, classe 1974, laureato in filosofia e psicologia. Con il suo L’Eremita, nel 2014 ha vinto il premio Glasnycklen per la narrativa gialla.
Mentre Kazinski non è uno solo, ma è la crasi di Anders Rønnow Klarlund, sceneggiatore e di Jacob Weinreich, scrittore.
Il che porta questo libro ad esser stato scritto a sei mani.
E probabilmente si poteva fare meglio, ma c’è più luce che buio in questo libro e lo vedremo assieme.

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Morte di una sirena è quindi questo libro che io ho fatto un po’ fatica a leggere per motivi molti sciocchi, in realtà. Primo tra tutti, la copertina o meglio, la carta della copertina. Ruvida, odiosa da tenere tra le mani e quindi detestabile. E poi per il poco tempo libero a disposizione, che questo mese è proprio stato pochissimo.

La storia, raccolta in questa brossura, prende a pretesto un buco autobiografico della vita di Hans Christian Andersen, noto scrittore dell’ottocento copenaghense soprattutto per le sue fiabe. Andersen, a quanto pare, ha sempre scritto un diario personale, ma vi è un lasso di tempo che non viene da lui raccontato.
Tale lasso di tempo è preso a pretesto dai tre scrittori di questo libro e ne hanno colmato il vuoto con questa storia che si sviluppa dal 13 settembre 1834 al  1° ottobre 1834, anche se la vicenda termina con un capitolo finale ambientato il 31 dicembre 1834.

La storia è particolare, perché in realtà io non ho conoscenza della biografia dell’autore, quindi non so dirvi se il personaggio da loro tratteggiato, possa somigliare all’originale o meno. Quindi parlo solo dell’Andersen di carta e inchiostro e non di quello reale.

Il nostro Hans è un ragazzo senza arte ne parte, senza una rendita, senza un soldo, che ha vissuto in giro per l’Italia e l’Europa, allontanandosi dalla famiglia per riuscire a sbarcare il lunario e mostrare a tutti quella che solo lui crede la sua dote da scrittore, ma che nella società aristocratica del tempo era più un fargli beneficenza.
Nelle tante sue insicurezze, Hans sviluppa una certa passione per le forme curve e l’aspetto di una prostituta, una certa Anna, con la quale non è mai finito a letto, ma della quale produce dei ritagli di carta, volendo imprimere in quelle curve, tutta la bellezza delle curve della donna.
Questa fissazione, non solo lo fa apparire strano, ma lo distrae inevitabilmente dall’unica cosa che dovrebbe fare, ossia scrivere, leggere, pubblicare e quindi guadagnare.

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Purtroppo per lui, un’altra storia e un’altra trama molto più moderna, dinamica, fuori dal tempo narrato, si infila nel libro e nella vita di Hans, scombussolando il tutto.
Vi è una figura particolare, una donna che capita nella narrazione e che segue un suo piano che però è nascosto al lettore e si svela e dipana piano piano nella storia, lungo i giorni raccontati. E questa donna è un’assassina che per un gioco beffardo del caso, mette nei guai la reputazione e la vita di Hans.

Hans, per le sue conoscenze nell’alta società, riesce a strappare tre insperati giorni al procuratore, per dimostrare la sua innocenza. È così che quindi i tre scrittori ci presentano tutta una serie di personaggi molto stereotipati, a partire dalla sorella di Anna, Molly, ignorante e analfabeta prostituta che però non manca di intuizione e ingegno, o da quelli della corte del Re, dal procuratore stesso.

Nel ricostruire e ridare vita ad un periodo storico così carico di cambiamenti, la storia si tinge di fiabesco, ma una fiaba sempre molto sporcata dalla realtà della vita, in contrapposizione a quanto probabilmente farà il vero Andersen, che dalla realtà trae le fiabe, dalle fiabe estrae un messaggio del mondo reale.
Molta attenzione viene data a tutti gli elementi più umani e terreni, non solo quindi ai piaceri del corpo e alle loro pulsioni aberranti e malsane, ma anche a tutta una serie di indizi sparsi nella descrizione degli ambienti, sottolineando come il popolo impoverito sia relegato nella “cunetta” delle strade, dove si raccoglie il marcio e i liquami, a dispetto dei ricchi altolocati, aristocratici e nobili, cui il mondo è solo la base del loro potere, prestigio e ricchezza.

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Ho trovato particolarmente lenta, negli step centrali, il secondo e terzo, la narrazione, che si ripiegava spesso e volentieri sulle angosce del protagonista e ancora su una descrizione pedissequa e pressante del personaggio e degli ambienti, per poi condire il tutto con una scintilla molto moderna che è quella dell’intuito forse troppo sviluppato che viene dato ad Andersen, trasformandolo da autore a investigatore ottocentesco.

La narrazione quindi ci spinge a seguire l’indagine, ma non sempre è facile apprezzarla, perché diventa un pretesto molto leggero col quale gli eventi sono narrati, gli ostacoli sono messi in bella mostra e il protagonista sembra avere sempre le chiavi di lettura di tutto.
Hans diventa quindi consapevole, per il suo vissuto, della condizione dell’uomo e della donna, di ciò che spinge ognuno a compiere certe azioni e come si potrebbero comportare alcuni quando a spingerli non è il desiderio ma la bramosia.

Un susseguirsi di rincorse all’indizio successivo e alla sua soluzione, che così diventa un racconto troppo positivo e stancante, nonostante sia sempre messo, il racconto e il lettore, faccia a faccia con la realtà delle cose, spogliate a nudo e mostrate con un crudezza umana e disarmante.

Si arriva così, con una rapidità un po’ bipolare, sintomo evidente della scrittura corale di tre persone che mantiene un certo equilibrio ma che fa trasparire un po’ il carattere di ognuno, o quantomeno caratteri e impeti differenti, arriviamo così alle battute finali che si sviluppano ad un ritmo incredibilmente rapido e alto, quasi forzato, della vicenda.
Forse avrei preferito meno chiacchiere e paturnie nelle pagine precedenti e qualche approfondimento in più nelle battute finali.

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Questo non significa che non mi sia piaciuto, lo trovo anzi un bell’esperimento, un tentativo di intrecciarsi nella vita di un autore ottocentesco, sfruttando un angolo buio della sua autobiografia epistolare, ma c’è qualcosa che manca.

Non so ben identificare cosa manchi, ma so che nell’ultimo capitolo c’è un po’ la chiave, magari siete più voi che potete illuminarmi a riguardo.
La parte finale racconta in modo ancora più crudo come Hans sia maturato o quantomeno ci stia tentando. E la vita dura del popolo semplice si abbatte sui personaggi che abbiamo imparato a conoscere, in maniera cruda, dura, irragionevole, sicuramente ingiusta. Ma questo ci permette di comprendere quale sia stato il vissuto di Hans Christian Andersen e cosa, di questo vissuto, lo abbia modificato nel suo animo sensibile, tanto da inventarsi un modo nuovo di raccontare la realtà, tramite la fiaba.

Probabilmente più che un libro di narrativa, potrebbe sembrare così un tentativo di raccontare in modo analitico il cambio di rotta di un autore e scovarne i motivi e le influenze che lo hanno spinto a diventare quell’autore che tutti poi abbiamo conosciuto.
Un unire i puntini, forse in maniera fantasiosa, sfruttando un buco ignoto della sua vita. E se lo leggiamo così, come indagine nell’indagine, è ancora più sorprendente della storia stessa che viene raccontata. Il che forse non è proprio il modo migliore di riassumere un libro, ma la cosa mi fa continuare a rimanere bianco.

E, concludendo, mi ha fatto molto riflettere e pensare, la natura di Madama Krieger, la misteriosa assassina, la sua natura e il suo progetto macchinoso, perché a luglio avevo scelto di leggere “THE DANISH GIRL“.
Non vi dico altro, ma mi ha fatto quasi impressione sapere che un po’ le due letture si possono esplorare quasi in parallelo.

Morte di una sirena resta quindi un bel tentativo, un po’ azzardato, un po’ tirato quasi a diventare sottile e in alcuni punto poco si regge in piedi, ma che ha un finale che gli permette di entrare a pieno titolo tra le storie che mi sono piaciute, interessanti, che sanno indagare più in chi legge, facendogli porre domande su se stesso e poi sulla storia, che sulla storia di per se, trasformandola quasi in un dialogo, come appunto può essere quello che c’è tra un individuo e il suo diario personale.

Ecco, questo è quello che penso e, come sempre, sono sicuro di non essere riuscito a cogliere in pieno il mio pensiero, ma se mi lasciate le vostre impressioni nei commenti qui sotto, possiamo continuare a confrontarci e a far uscire di meglio! Ne sono sicuro!

Come sempre, il libro è nel link affiliato, così potete recuperarlo!

Ditemi la vostra, cosa ne pensate, cosa ci avete letto nella domanda e nelle risposte dei due personaggi e se avete il coraggio di dare la vostra personalissima risposta, non per forza a me, ma a voi stessi. Vi aspetto, mi raccomando!

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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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