@Re_Censo #378 Almarina | Premio Napoli

Almarina
Premio Napoli

Primo libro in concorso al Premio Napoli 2020 e mi sento tanto a casa…! Iniziamo!

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Il primo libro che ho letto è ALMARINA, edito Einaudi Editore nel 2019, rilegato con cartonato e sovracoperta, con illustrato un fotomontaggio molto rappresentativo della protagonista che galleggia in mezzo al mare.

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La scrittrice è Valeria Parrella, nata a Torre del Greco nel 1974, laureatasi in glottologia presso la Federico II di Napoli, specializzatasi poi nella lingua dei segni Italiana e dal 2014 è iscritta nell’ordine dei giornalisti. Il suo esordio come scrittrice avviene nel 2006 con una raccolta di sei raccontiMosca più balena” che le ha ottenuto il Premio Campiello. Continua a scrivere e le sue opere ricevono molte nomine e premi letterali e nel 2007 si dedica ad attività teatrali, pubblicando su Bompiani e mettendo in scena al Teatro Stabile di Napoli.
Il suo primo vero romanzo è del 2008, “Lo spazio bianco”, viene trasposto su pellicola firmata da Comencini e interpretato da Margherita Buy.
Le sue pubblicazioni arrivano fino al 2019, la più recente e ultima è proprio “Almarina” che le fa vincere il Premio Flaiano per la Narrativa e il terzo posto del Premio Strega 2020.

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Almarina è un romanzo che viaggia nel mondo privato di una insegnante impiegata tra le mura del carcere minorile di Nisida, le sue mansioni con i ragazzi e ragazze carcerati e gli incontri che fa all’interno di quelle mura, con le vite di questi ragazzi.

La protagonista è Elisabetta Maiorano, una giovane donna che è diventata troppo presto e senza preavviso, vedova. Elisabetta è una insegnante e ha trovato lavoro tra le sbarre del carcere napoletano di Nisida, un’isola che è da sempre contesa tra la terra e il mare, ma ha vinto la terra che l’ha legata a se con una colata di cemento, un’isola contesa tra il carcere minorile e i sogni imprenditoriali e politici dai colori più disparati che allungano bramose mani affinché il carcere sparisca per farci centri benessere, hotel di lusso e un polo vacanziero di tutto rispetto, infischiandosene del futuro e delle vite dei minori che hanno imboccato il rischio di vite oltre il rischio stesso.

Nisida è anche il luogo nel quale e per accedere al quale Elisabetta Maiorano deve continuamente ricordare a se stessa chi è, lasciare però fuori dal cancello se stessa, le sue cose, la sua vita, per entrare, annullarsi e diventare al tempo stesso un ruolo e parte di un meccanismo che deve diventare parte del quotidiano di questi minori in catene.
Ma il peso di un lutto non si lascia con tanta facilità. Una morte così sorprendente e devastante non può prescindere da tutto il resto ed essere relegata a parte. Ha lasciato i suoi vuoti, le sue sofferenze che al tempo stesso acutizzano quelle che già erano presenti e che la morte ha presentato dopo aver distrutto piani, programmi, speranze e progetti.

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A Nisida, dove tutto sembra lontano, distante, ma dove battono tanti cuori sofferenti, di tanti ragazzini e ragazzine che si trovano lì molto spesso perché non hanno avuto la fortuna di esser stati amati appieno, proprio in questo cuore pulsante, Elisabetta incontra Almarina, una ragazzina che deve scontare una breve pena e che presto sarà affidata ad un centro sociale, ad una casa famiglia. Eppure Almarina riesce a scalfire quella separazione che deve vigere tra il ragazzino carcerato che segue le lezioni, e il privato della sua insegnante.

Un piccolo equilibrio che si disfa in una trama all’apparenza molto semplice.
Lo stile infatti è molto coinvolgente, leggero e che fa subito presa nel lettore, ma al tempo stesso è sicuramente il mezzo più facile col quale poi entrare nella profondità di quello che racconta.

La storia è narrata in prima persona ed è stessa la Maiorano a esprimersi in un fiume in piena di ricordi e di eventi presenti che si susseguono uno dietro l’altro. Entrando in un luogo dove non v’è libertà, porta la propria e la cerca nel futuro di Almarina, che lei non riesce a veder bollata per sempre, ma che spera di poter curare e darle le occasioni migliori per costruirsi il suo futuro, la sua libertà.

La relazione tra queste due donne è toccante, profonda e rispettosa.
Elisabetta scalfisce lo scudo difensivo di Almarina, allungandosi un centimetro alla volta nella sua sfera protettiva, con quelli che sono i mezzi stessi dell’educazione scolastica e sono i temi stessi che sono riproposti da un progetto del 2017 svolto in carcere, che saggiamo noi stessi la sofferenza e la condizione di questi ragazzi, ultimi tra gli ultimi, emarginati in una società che li cannibalizza e li vuole uguali a se, in continuo protrarsi delle colpe e mancanze dei genitori.

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Una storia intensa, molto viscerale, che per me che vedo Nisida in ogni direzione, dal balcone di casa mia, tra le strade del quartiere, dal pontile che si allunga quasi a sfidare con la sua libertà, le catene e le celle che li sopra tintinnano, Nisida mi ha sempre affascinato e da piccolino dicevo addirittura di abitarvi e di avere un palazzo tutto mio, forse proprio perché quella presenza enorme, lontana ma vicina, silenziosa, mi ha sempre affascinato.

E questo breve libro mi ha dato la possibilità di allungarmi nelle vite degli ospiti temporanei di Nisida, ancor più di quando quelle vite le ho incrociate durante una via crucis, anni fa, la Domenica delle Palme, ancora più incisivamente di quando ho respirato la loro stessa aria, mentre, dietro la croce, sfilavamo e al nostro fianco c’erano i ragazzi carcerati, seduti come soldati sulle sedie nello spiazzo del carcere, illuminato da fiaccole e luci di sorveglianza. Io per entrare non ho dovuto lasciare nulla di me fuori, anzi forse avrei dovuto portare più di me e di Cristo, mentre entravamo in processione, su questo mi distinguo dalla protagonista. Ma sicuramente, l’esperienza di questo libro è straordinaria, profonda, densa, carica di dolore, morte, ma anche di speranza, di desiderio di rivalsa, di rinascita.

Forze contrastanti di un meccanismo non sempre giusto, di chi c’è finito dentro perché non vedeva e non conosce altri stili di vita, non si aspetta neanche una lettera e dall’altro lato di un sistema giudiziario che non sempre guarda al bene del singolo, della singola vita, ma a fare pulizia, separare, allontanare da future occasioni di reiterazione, dimenticando che dietro un fascicolo c’è un cuore che batte e che aspetta di sentire una mano amica.

Almarina ci mostra, nel suo silenzio, nel suo soggiorno a Nisida, tutto questo e molto altro ancora e, sicuramente, mostra come sia poi facile, forse troppo, trovare qualcuno che si avvicini a luoghi come questo, portando con se la sua sofferenza come chiave di lettura del mondo, per usarla per sperare e sognare, desiderare e costruire un futuro migliore.

Un libro molto toccante, molto profondo, fatto di contrasti, di dolce e amaro, ma che lasciamo con la consapevolezza che Almarina avrà una nuova vita e noi, in un seppur breve passaggio, abbiamo incontrato nuovi amici, persone quasi di famiglia e che quell’isola è di sicuro più preziosa così come è, che non con spa, villaggi turistici e alberghi di lusso

Questo è quanto penso di Almarina, primo libro che ho letto, in concorso nella terna di Narrativa per il Premio Napoli 2020!
Se lo avete letto, ditemi che ne pensate nei commenti qui sotto e se vi ho incuriosito, qui trovate il link affiliato per acquistarlo, quindi leggetelo e vi aspetto per sapere la vostra!

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Pubblicato da Re_Censo

Re_Censo è un nome inventato, gestito, prodotto e presentato da "OIRAD Studio d'Arte Grafica di Piedimonte Dario". Format di videorecensioni di libri, fumetti, manga, anime, film e telefilm.

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