@Re_Censo #369 Enola Holmes

Enola Holmes

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Oggi facciamo un tuffo ai primi del novecento, ma prendete taccuino e lente di ingrandimento… Iniziamo!

@Re_Censo #369 Enola Holmes

La puntata di oggi si concentra sul film diretto da Harry Bradbeer e distribuito su Netflix nel 2020, intitolato “Enola Holmes“.

In realtà il film si rifà ad una serie di romanzi per ragazzi, “The Henola Holmes Mysteries” scritti da Nancy Springer, autrice americana di libri di fantascienza, avventura e gialli, nata a metà del ‘900.

La storia è alquanto semplice, ma è la narrazione ad essere di grande impatto.
Enola è l’ultima nata nella famiglia Holmes e, come è comprensibile, stiamo parlando della sorella del grande investigatore Sherlock.

Siamo molto indietro nel tempo, rispetto allo Sherlock che conosciamo dai romanzi più celebri e, sicuramente, da quello visto al cinema con Robert Downey Jr. e Jude Law o sul piccolo schermo con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman.

Enola si racconta in prima persona e lo fa rompendo tutti gli schermi e le pareti divisorie, quindi bucando la quinta parete, come si suol dire, dando vita ad una buona e interessante metanarrativa, parlando direttamente col pubblico, fissando dritta in camera.
Racconta la sua infanzia, sviluppando questa prima parte del racconto sotto forma di collage fotografico. Quindi scopriamo, attraverso un interessante dosaggio di flashback, anche chi sia la madre, la signora Holmes e che Sherlock e il fratello Mycrorft, ad una certa età, l’hanno lasciata sola con la madre.

Se quindi il periodo storico e il background sono diversi da quelli visti e indagati sinora dagli altri film e telefilm, possiamo però dire che dalla produzione di Guy Ritchie questa narrazione prende ed eredita davvero tanto. A partire dal ritmo della vicenda, dal suo essere così incalzante, coinvolgente. Anche dalla metanarrativa, dalle scene d’azione e dal grande impatto e gancio che Enola, Millie Bobby Brown, lancia verso lo spettatore, guardandolo direttamente negli occhi.
Certo alle volte sembra troppo spinto e audace, tanto da risultare poco reale, troppo costruito, ma in altre occasioni è una vera perla e se queste sono le premesse per l’avvio di un nuovo franchisee, ci sono ampi margini per migliorare.

Da Ritchie, per fortuna, mancano le scene al rallenty, che qui appunto scompaiono e non spezzano la sequenza delle scene e della narrazione, che è, tolta la metanarrativa e il racconto della voce fuori campo, molto leggera, semplice, trascinante.

Ovvio, non mancano le scene di azione e combattimento, che così caratterizzano il mondo femminile, dandogli giustizia e una marcia in più, raccontandolo in una visione femminista sana, costruttiva, già impegnata nella politica, anche se inizialmente in modi ambigui e con pensieri violenti e… esplosivi.

Ma la vicenda di Enola e della madre, non sono le uniche protagoniste del film, che si intrecciano così con quelle di un giovane orfano prossimo Visconte di Tewkesbury, incastrato nel dolore della perdita del padre e dalle aspettative della famiglia sulle sue responsabilità, fissandolo nei rigidi ruoli dell’epoca, senza poter sognare la vita che vuole. Il che rende molto democratico il racconto, perché mostra le costrizioni di uomini e donne come reali, esistenti, ma che possono essere distrutte per creare e determinare ognuno il proprio futuro.

ENOLA HOLMES (L to R) MILLIE BOBBY BROWN as ENOLA HOLMES, HENRY CAVILL as SHERLOCK HOLMES. Cr. ALEX BAILEY/LEGENDARY ©2020

Ma per volere una cosa simile, bisogna seguire il proprio istinto, abbandonarsi alla sofferenza come mezzo di catarsi e spiccare il volo, sfruttando al massimo gli insegnamenti ricevuti.

Per essere quindi un primo film sul personaggio, direi che siamo davvero sulla buona strada per vederlo svilupparsi al meglio, partendo già da una costruzione molto positiva e da una impostazione leggera e coinvolgente.

Sono molto contento sia della interpretazione di Brown, tranne nei momenti in cui esagera troppo nell’enfasi metanarrativa, sia del ruolo di Sherlock interpretato da Henry Cavill, molto a suo agio nel ruolo del perfetto inglese. Una luce nuova nella profondità di uno Sherlock che muta ad ogni interpretazione sulla celluloide.

Anche la fotografia e il vestiario sembrano strizzare l’occhio alla produzione di Ritchie, mentre le musiche mi hanno ricordato molto qualcosa alla Downton Abbey, sarà forse il periodo storico, chissà.

Ma di sicuro è un esperimento interessante e mi piacerebbe vederne un seguito, magari senza scadere nei luoghi comuni, ma rivisitando e dando nuova vigore a temi, indagini e approfondimenti sociali dell’epoca, che fanno un po’ da eco a quella attuale.

Adesso però aspetto di sapere la vostra a riguardo, se avete visto il film, che trovate su Netflix, altrimenti recuperatevelo e tornate qui, nei commenti, per farmi sapere cosa ne pensate, cosa vi è piaciuto e cosa no!
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Pubblicato da Re_Censo

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