@Re_Censo #298 I Due Papi

I DUE PAPI

Parliamo di un film uscito su Netflix, ma che mi ha incuriosito tantissimo… Iniziamo!

Nella puntata di oggi, sappiate che potrebbe uscire un po’ del cristiano che è in me, ma se esco di bolla, ditemelo nei commenti. Ovviamente, proprio per l’argomento, ci tengo a che tutti possano dire la loro, quindi mi raccomando, non costringetemi a cancellare commenti inappropriati.

Il film di oggi è uscito nel 2019 e si intitola I DUE PAPI ed è disponibile su Netflix.
In brevissimo, racconta di un solo grande evento che è l’elezione di un papa, nello specifico, di papa Francesco, avvenuta nel 2012.

Tutti noi ricordiamo che questa salita al soglio pontificio non è avvenuta come tutte quelle che conosciamo, cioè con la morte del suo predecessore, ma anzi la novità è stata proprio questa, ossia l’abdicazione o rinuncia, che ci sta meglio, di Benedetto XVI.

A interpretare i due papi sono Anthony Hopkins, Benedetto Palpatine, tramite il quale si è voluto sottolineare il forte e lapidario volto del papa tedesco, rigido, inflessibile, iracondo, molto attaccato alla tradizione e ad un certa ortodossia sia della fede che della tradizione della Chiesa e della sua dottrina, contro il tempo che avanza inarrestabile e i cambiamenti di questo secolo, anche se a leggere i suoi scritti, non è del tutto vero.
Mentre l’alto passero, o meglio Jonathan Pryce fuoriuscito da uno dei tanti meme su Game of Thrones, veste finalmente i panni di Francesco, visto in modo diametralmente opposto al predecessore, quindi aperto, riformatore, dal fare bonario, lontano da una certa tradizione così serrata, aperto al cambiamento e attento al tempo presente.

Volendo quindi estremizzare, potremmo dire che è tutto qui, che tutto si riassume nella lotta interna della chiesa e dei preti del cavolo che quindi si soffocano a vicenda pur di non cambiare e che Giovanni Paolo I è morto per complotti eccetera eccetera.
Ma, ovviamente, non è così.

Anche perché questo è un film, che è liberamente ispirato a fatti reali. Quindi non è una biografia vera e propria.

Di tutta la storia, si è voluto prendere ciò che fa scalpore, ciò che fa interesse e si è ricamato su quello, per mostrare la vita diversissima di due cristiani.
Quindi, primo punto, non prendere per oro colato quello che racconta il film.

La vicenda si apre con Bergoglio di cui, per tutta la pellicola, si vedono continui flashback, cosa che, all’opposto, non si vede di Ratzinger. L’ago della bilancia inizia quindi già a pendere da un lato a sfavore dell’altro, giocando sull’empatia verso uno dei due, ovviamente quindi verso Francesco, sottolineando la sua aria pulita, nuova, fresca, moderna.

Ma questo è in realtà un film pieno di contrapposizioni, di pesi e contropesi, che cerca di bilanciarsi, che cerca un continuo equilibrio, senza in realtà trovarlo davvero. È caos che si muove, proprio come succede nella vita di tutti noi.

Bergoglio è rappresentato quindi come un uomo quasi in procinto di sposarsi, ma che poi sterza incredibilmente verso il sacerdozio. Pieno di orgoglio, Bergoglio si lancia nella lotta moderata contro il regime che vigeva in Argentina, quando era responsabile dei Gesuiti e di come il suo nascondersi e nascondere in un basso profilo, per non infastidire il regime, abbia poi portato alla morte dei preti a lui affidati e che vivevano la missione cristiana tra i poveri.
Anche se queste informazioni sono dosate per tutto il film, la situazione è chiara: Jorge Mario è un santarello e Joseph un Sith camuffato da pecorella.

Lo spettatore riesce sicuramente ad avvicinarsi al primo, anzicché al secondo che è chiuso in quattro mura, circondato dallo sfarzo, dall’oro, servito e riverito e per di più, passa l’estate in vacanza a Castel Gandolfo. Insomma, una brutta persona rispetto a chi lo succederà. E nel film riescono benissimo a raccontare queste differenze che si trasformano in scontro.

Alla morte di Giovanni Paolo II, Bergoglio e tutti gli altri cardinali sono chiamati in Conclave per eleggerne un successore tra loro e, vedendo la salita al soglio di Benedetto, il Bergoglio del film mostra il suo disappunto, la sua sconfitta, il suo credere che ogni tentativo di riforma è ormai cancellato dall’arrivo di un così tenace conservatore.
Tornato in Argentina, matura dentro di se la decisione di dimettersi dal collegio cardinalizio e più e più volte scrive al nuovo papa. Alla fin fine Benedetto lo chiama a Roma.
Ed ecco qui, prima al Gandolfo e poi nella meravigliosa ricostruzione della Cappella Sistina, vediamo uno scontro tra due titani, tra il vecchio e il nuovo.
Vediamo esprimersi nel miglior modo possibile, per il linguaggio cinematografico, la lotta interna della chiesa, proprio nella stanza dove il suo futuro viene, umanamente per gli atei, deciso.

Se Bergoglio pensava di lasciare una gatta da pelare tra le mani del papa, Benedetto gli lancia invece una bomba. Lui, inizialmente come un piccolo e vecchio Yoda che si profonde in continui no al Gandolfo, tra le mura della Sistina ammette di vedere in Bergoglio il futuro della chiesa, il futuro di tutto ciò che lui ha iniziato e non è riuscito a portare avanti.

Il film qui, invece di raccontare una lotta, uno scontro, ci prende in contropiede assieme a Bergoglio, mostrandoci come, sotto la scorza dura e coriacea di un vecchio prete tedesco, così autoritario e nascosto da paramenti pregiati, si nasconda in realtà un uomo attento ai cambiamenti, attento, lasciatemelo dire, alla voce dello Spirito Santo e conscio dei suoi limiti. Così come Bergoglio svuota se stesso in una confessione strappalacrime che continua a dipingercelo come chi ha compreso il suo sbaglio, ha riconosciuto il suo orgoglio e ha vissuto continuando la missione dei suoi confratelli uccisi per i più poveri e gli ultimi, si lascia confessare e perdonare, così anche Benedetto si scopre a lui e al pubblico, ammettendo che i sistemi utilizzati sino a quel momento non hanno aiutato a chiudere e svincolare, a superare e a trovare i colpevoli, ma anzi ad aumentare le vittime della pedofilia e degli abusi nella chiesa sparsa nel mondo. Tramite il gesto della confessione e la ricerca di perdono umano e divino, i due uomini ora sono sullo stesso piano.

Ma uno deve diminuire, citando un brano biblico, perché l’altro possa essere esaltato.

Papa Benedetto XVI ha da tempo meditato di lasciare l’incarico e la sua reazione, così genuina, così forte, ma anche così tipica di un anziano che vede dischiudersi altro ancora dopo, perché per lui c’è ancora un domani, mi è piaciuta tantissimo, anche se ci ho visto un parallelo nell’atteggiamento di Yoda, su Degobah, quando stuzzica Luke e da passivo ha sferzate improvvise di vita, che mi han sempre fatto sorridere. Hopkins riesce alla stessa maniera. E il film in questo ci mostra due uomini che sognano, senza distinzioni, senza colpe. Sognano e desiderano.

Di solito, quando si vedono film sulla morte di un papa e l’elezione del successore, si ha una chiave di lettura e una sceneggiatura sempre molto drammatica, mista di sicuro a forte pathos, tensione narrativa, forte spiritualità e desiderio ascetico. Ogni attimo che precede l’elezione del candidato è letto in un grande flashback della propria vita, dove Dio, la missione e sequela di Cristo, la presenza costante dello Spirito Santo, formano un filo rosso, quasi una somma algebrica e calcolata dall’abbandono totale e totalizzante che quindi conduce alla vocazione in pienezza del futuro papa.

Quest’aria invece qui non c’è. Tutto questo scompare per dare spazio a macchinazioni più politiche, eppure meno sordide di quanto mi sarei aspettato. I temi prevalenti sono i temi, molto terreni, molto propri del nostro tempo e della nostra società, che ci conducono e ci mostrano i moti più umani dei cardinali, che sono sempre uomini sotto tutte quelle vesti, e largo spazio, come ho detto, viene dato a temi scottanti, come la banca vaticana, la pedofilia e gli abusi, poco invece al matrimonio dei preti e via discorrendo, ma proprio sugli abusi, la pedofilia, l’omosessualità, i sacramenti ai divorziati e conviventi, c’è stata poca indagine.

Oltre a presentare le tematiche, non sono stati approfonditi gli studi, i percorsi, i cammini, i tentativi, i risultati dei Sinodi, lasciando così queste importantissime tematiche, in un nugolo di polemiche che non hanno neanche uno straccio di commento, di proposta (vera o accampata), che possa aiutare a far uscire il lettore dal pressapochismo, dal qualunquismo, da un alone di ignoranza, ma anzi servono solo a dipingere alcune frange a tinte fosche, ad accusare il papa, ora emerito, e niente più.

Eppure, questi incontri, sia per Benedetto, che per Francesco, finiscono sempre in un perdono richiesto e accolto, sia dall’uomo che da Dio. Non certo per approvazione di quanto compiuto o omesso. E trovo che, anche se l’intenzione è sempre quella di disegnare la chiesa e il cristianesimo cattolico in modo aberrante, un piccolo filo di tematica evangelica ci sia sempre e riesca sempre a trasparire. C’è sempre speranza, dopotutto. Permettetemi di vederla così, da cristiano.

Credo che, proprio per la sua dicotomia, per il suo combattimento interno e il combattimento che nasce dentro lo spettatore, quasi come se fosse chiamato a parteggiare per una parte o l’altra, credo sia un film riuscito abbastanza bene, anche se con poca profondità, ma di certo recitato egregiamente.
Ecco, credo di aver detto ciò che pensavo. Fotografia, sceneggiatura, per ritmo narrativo, intensità, coinvolgimento, vestiario e scenografie mi son piaciute moltissimo e molto piacere mi ha fatto il rivedere la scala regia della Reggia di Caserta, ormai classicissimo set alternativo per il Vaticano e non solo!

Che dire di più?
Trasformiamo questo monologo in un bel dialogo di confronto civile? Dai, su, io vi aspetto nei commenti qui sotto e ovviamente, ditemi cosa ne pensate, del film, non tanto della vicenda in se, perché credo che ne sappiamo ben poco e credo che non tocchi a noi, cristiani o no, dire alcunché non avendo nulla di concreto tra le mani.

Vi ringrazio per la visualizzazione e aver passato del tempo assieme.

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Pubblicato da Re_Censo

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