@Re_Censo #284 Il Vesuvio Universale | Premio Napoli

PREMIO NAPOLI
IL VESUVIO UNIVERSALE

Continuiamo a parlare del Premio Napoli e con lui il secondo dei tre libri da leggere per la sezione narrativa. Parliamone assieme! Iniziamo!

Il secondo libro che ho letto è IL VESUVIO UNIVERSALE, edito Einaudi Editore nel 2018, rilegato con cartonato e sovracoperta con in copertina una magnifica esplosione del Vesuvio del 1882, un acquerello conservato al Museo di San Martino di Napoli. Costo 19,50€.
Tenete bene a mente la grammatura delle pagine, servirà per un confronto con l’ultimo libro.

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Chi è Maria Pace Ottieri?
Nata nel 1953, è la nipote dell’editore Bompiani ed è scrittrice e giornalista milanese, lavorando per le testate L’Unità e La Stampa. In quanto scrittrice, il suo è un interesse tutto antropologico e lo si evidenzia già dalla biografia scritta del padre e già con la prima delle sue opere, “Amore nero“, vince il premio Viareggio. Il suo libro, “Quando sei nato  non puoi più nasconderti“, è stato apprezzato dal regista Marco Tullio Giordana che lo ha trasposto in un film, mostrando sul grande schermo quale dramma sia l’immigrazione ed è valso al regista il premio Nastro d’Argento.
Ottieri è anche stata per molto tempo, a quanto mi è dato da capire da un incontro avuto con la scrittrice, giudice lettrice del Premio Napoli, prima che il suo IL VESUVIO UNIVERSALE venisse indicato come finalista del Premio Napoli stesso.  Di lei non v’è altro, quindi possiamo passare alla sua opera in concorso.

La vicenda nasce come una esplorazione nei territori del Vesuvio, in particolare, e dei Campi Flegrei più in generale, svolta non solo sui libri e sulle cronache, ma in mezzo alle strade, tra la gente, da parte della stessa scrittrice. Ed è da queste pagine che vien fuori l’abilità della scrittrice di riuscire a far saltare all’occhio la sua vena antropologica.
Prendendo a pretesto le eruzioni che si sono susseguite, Ottieri ci mostra come il tessuto umano e sociale, quindi culturale, si sia intrecciato con la vita e i brontolii di pancia della montagna tanto pericolosa ma anche tanto cara ai Napoletani.

Man mano che si avvicina al “gigante buono”, ne studia le fattezze, le linee che dall’orizzonte salgono fino in cima e di come questo particolare “skyline”, come diremo oggi, non sia pulito e naturale, ma anzi costellato dalle costruzioni umane. Case, abitazioni quasi tutte abusive, che non fanno altro che sottolineare il modo malsano, quasi menefreghista, col quale il napoletano si è insinuato su quella montagna. Una relazione che, come scoprirà la scrittrice stessa, è forse alla base di questa sua avventura. Ed è proprio da questo dualismo montagna-uomo, che le indagini di Ottieri partono.

Non è quindi solo un viaggio fisico tra le linee ferroviarie e le stazioni più disparate del territorio vesuviano, il più ricco e densamente popolato che ci sia al mondo nei pressi di un vulcano, ma è un viaggio nelle cronache del passato e da quella memoria viva che si eredita dagli anziani, vere e proprie enciclopedie per la scrittrice e la sua indagine.

Scopriamo così qualcosa che mio nonno stesso mi ha sempre raccontato nelle nostre passeggiate ai mercatini di Fuorigrotta, ossia come riconoscere il merluzzo dal taglio, dalla conservazione, dalla pezzatura, la Ottieri mi ha aggiunto tutta la storia di come sia arrivato, dall’estremo nord d’Europa, sino alle pendici del Vesuvio, dal gelo del circolo, fino al caldo partenopeo, di come si conservi, venga trattato, lavorato e poi rivenduto tra le strade del napoletano e del resto del mondo.
Scopriamo poi come la guerra abbia portato le fabbriche di auto ad occuparsi dei mezzi militari per la guerra, di come questo polo sia diventato importantissimo non solo per l’Italia, ma per quelle terre che poi ne sarebbero state estremamente legate al destino di queste fabbriche, passate alla Fiat e tutti possiamo ricordare il dramma dei licenziamenti che si sono operati in passato.

Ottieri riesce a entrate con una penna affilata all’interno del burroso impasto che è la storia della mia terra, di come nel Mezzogiorno si siano fatte le scelte più difficili e controverse, ma di come anche il popolo abbia saputo farle proprie per poter rigirare a proprio favore gli eventi, con una resilienza incredibile, a tratti dannosa. Quasi si sprecano gli elenchi di nomi e personaggi che hanno fatto la storia di quel determinato quartiere, stradina e paese, piccole storie, piccoli tasselli che hanno costruito il mosaico di Napoli. Luoghi visitati dalla scrittrice che sono riuscito a tornare a vivere e visitare attraverso le sue pagine e come, ad ogni racconto, ad ogni storia, ad ogni scorcio paesaggistico io sia riuscito a sentirmi parte viva di questo racconto e quindi della mia città, devo dire la verità, mi ha sorpreso e non poco.

Le eruzioni sono così il pretesto storico col quale poi andare a indagare non solo la fisionomia del Vesuvio e del Monte Somma, quali quindi i cambiamenti che sono avvenuti ad ogni eruzione, ma anche la sua fisiologia, cosa spara fuori, come, quali siano i materiali, la pericolosità e cosa è accaduto a ciò che lo circonda, ma anche e soprattutto, proprio per la sua visione antropologica, cosa è accaduto a chi abitava quei luoghi.

Ciò che mi ha molto colpito è il fatto che io abbia iniziato a leggere questo libro due giorni prima la grande esercitazione EXE CAMPI FLEGREI che come volontario di Protezione Civile mi ha visto attivo nel testare l’evacuazione e lo spostamento degli studenti. Vero, stiamo parlando dei Campi Flegrei, indagati più in generale dalla scrittrice, e non a fondo come per il Vesuvio, ma i concetti chiave, le allerte, le procedure, gli organi interessati sono quelli, alla fine dei giochi.
Ciò che mi ha colpito è stato rivedere interi discorsi pre esercitazione, nel palazzo della Regione, ripetuti in queste pagine, di come la visione degli esperti e scienziati sia recepita poi in maniera diversa dalla reazione e decisione finale sui piani d’evacuazione. Di come, soprattutto, da quando il Parco del Vesuvio è reso area protetta, il napoletano sia riuscito a trovare utile scaricarvi quintali di spazzatura, proprio su quel monte tanto osannato, evocato, entrato nell’immaginario di tutti.

Bello, perché non conoscevo, è la ricostruzione storica fatta per mostrarci come Pompei da secoli inabitata, sia stata quasi rifondata, gli sforzi fatti, l’ingegno umano messo in campo per ripopolare la zona e portare, lì dove c’è stata distruzione, all’ombra di quel demonio sputafuoco, una nuova sacca di umanità, mentre sulle coste del napoletano si avvicendavano gli sbarchi di un commercio clandestino tra gli espatriati negli States, e i “fratelli e cugini” napoletani rimasti in madrepatria, per aiutarli a vivere e sopportare il periodo della seconda guerra mondiale.

Il Vesuvio Universale è quindi un viaggio nella resilienza di un popolo che troppo facilmente dimentica la pericolosità della montagna che d’altro canto troppo spesso invoca, quasi contraltare di san Gennaro, e di come questa resilienza diventi quasi un adagiarsi sugli allori, e dimenticare diventa puro menefreghismo, sacchetto dopo sacchetto, sversamento dopo sversamento. Laddove un nome indicava la presenza di grand’uomini e che poi nascondeva il disastro di crack economici e finanziari che hanno portato al lastrico famiglie intere. Due rovesci di una sola medaglia che per quanto assurdi, a Napoli e nel napoletano riescono a convivere. Supportati, sicuramente, da uno stato lento a legiferare e assente nel controllare.

Il libro si conclude con la domanda che tutti noi alla Protezione Civile e napoletani in generale ci poniamo: fuggire, dove?
La Ottieri riesce a viaggiare tra le strade e le storie che si sono avvicendate, fino ad arrivare a questo punto di domanda scaturito dalla ricostruzione dell’eruzione del 1641, a inizio capitolo, mostrando in modo lapalissiano come chi debba occuparsi e rispondere alle domande, non sia forse in grado di farlo, di come i dubbi e gli interrogativi siano sempre pronti a scattare e in definitiva di come abbiamo estremo bisogno che la scienza prosegua il suo percorso di studio ed osservazione, per arrivare ad una previsione sempre più accorta e al tempo stesso ad una prevenzione sempre più mirata ed efficace.

Due tasselli, da parte della comunità scientifica e governativa, che dovrebbero andare di pari passo, ma è evidente come invece questo non accada, vista la situazione in cui versano le città, le strade che dovrebbero essere d’esodo, i canaloni che furono costruiti in passato per convogliare le fiumane di lava e che ora invece sono occupati da spazzatura e abitazioni abusive. Arrivando così ad una conclusione dolce e amara, una nuova dualità, due nuove facce che continuano a ripresentarsi in questo viaggio che ho trovato avvincente, emozionante, carico di ricordi e di nuove scoperte, di domande, riflessioni e necessità di trovare risposte concrete.

Devo assolutamente visitare il Vesuvio e scalarlo sinché possibile.
E voi, avete mai scalato un vulcano? Avete letto questo libro?
Ditemi la vostra, raccontatemi la vostra paura in caso di terremoto ed eruzione e cosa pensate del viaggio intrapreso da Ottieri in questo libro!

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Pubblicato da Re_Censo

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