@Re_Censo #282 Carnaio | Premio Napoli

PREMIO NAPOLI
CARNAIO

Torna il Premio Napoli e con lui il primo dei tre libri da leggere per la sezione narrativa. Parliamone assieme! Iniziamo!

Il primo libro che ho letto è CARNAIO, edito Fandango Libri nel 2018, esattamente un anno fa, in brossura del costo di 17€ in un formato davvero piacevole da tenere tra le mani. Scritto da Giulio Cavalli, è un romanzo dal sapore giornalistico, intriso di distopia e una punta di noir e splatter.

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Chi è Giulio Cavalli? Nato nel 1977 a Milano, si è formato come attore, fondando a Lodi la compagnia Bottega dei Mestieri Teatrali e ha iniziato così a produrre egli stesso i testi da mettere in scena. Attento alla vicenda politica italiana, si è spesso lasciato ispirare dal quotidiano, trasportando vicende nostrane come i fatti del G8, indietro di 500 anni. Dal 2009, anno nel quale inscena il monologo Do ut Des sui riti mafiosi, è costretto a vivere con la scorta per le minacce ricevute, ma questo non lo ha frenato nella sua denuncia su collusioni mafiose e nel 2010 vince il premio giovani Giuseppe Fava.
Sempre nel 2010 è eletto consigliere in Lombardia e con altri colleghi istituisce un gruppo interistituzionale per indagare sulle infiltrazioni malavitose nel progetto EXPO2015.
Inizia a scrivere libri, proseguendo quella sua indagine e osservazione della cosa pubblica, macchiatasi delle infiltrazioni mafiose e difatti, nel 2013, grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, è messa alla luce l’intenzione di ucciderlo.
Collabora con numerose testate giornalistiche online e il suo ultimo libro, CARNAIO, è proposto nel 2019 dalla De Gregorio per il premio Strega.

Ora che abbiamo un quadro di Cavalli, che non mi ero assolutamente fatto prima, possiamo parlare di CARNAIO e soprattutto capire bene in che contesto filosofico-politico-culturale possiamo inserirlo.

DF è una cittadina qualunque, apparentemente incolore e per niente negli interessi di alcuno. I cittadini di DF vivono la loro vita come niente fosse, ignorati e felici di ignorare ciò che li circonda, chiusi nella loro bolla un po’ come avviene per tutti i centri urbani di periferia, soprattutto del sud Italia. Questa situazione è rotta nel momento in cui, a causa di un’onda anomala, giorno dopo giorno, vengono ritrovati dei cadaveri sparsi per la città.

La cosa, col passare del tempo diventa ingestibile, ad ogni notte l’onda si presenta e lascia tracce di se con fiumane di cadaveri che a loro volta creano devastazione e morte con il loro solo arrivo. Una presenza che si sta facendo quindi impossibile da affrontare e digerire.

Il consiglio comunale col Sindaco, si attivano subito per far sparire i cadaveri e quando la situazione diviene ingestibile e sono più i morti che i vivi a circolare per DF, la giunta chiede l’aiuto di Roma che qui viene rappresentata nel modo più becero e populista che potevamo aspettarci: avvinghiata ai suoi protocolli e riti burocratici, la cosiddetta “Roma”, ossia il governo, sembra infischiarsi dell’emergenza di DF e pretendere che la vita della città si adatti alle procedure e attenda che il sistema si metta in moto.

Ma a DF il Sindaco non è d’accordo e con lui il consiglio e di rimando, sfruttando appunto l’onda mediatica, l’intera città si rifiuta di aspettare i beati comodi del governo. La situazione sembra non possa precipitare ancora più in basso e invece scopriamo come a DF tutto sia possibile.

Mangiati dal loro stesso spirito populista e vittimista, i cittadini di DF si sganciano dal governo italiano. Sembra assurdo, neanche taluni politici attuali di verde segnati speravano in sogni così audaci, ma a DF succede e così smette di far parte dell’Italia, alzando muri, chiudendo le porte della città, studiando un sistema che possa canalizzare l’onda anomala e smistare, trasportare e stoccare in magazzini, ogni cadavere che il Mediterraneo rilascia di notte in notte.

Cadaveri tutti uguali, tutti dello stesso colore, fattezze, misure, altezze, persino di quel che si può riconoscere del viso, sembrano tutti uguali. E se il terreno non si può più coltivare e dal mare non si può più pescare, allora bisogna che quel che la natura e Dio stanno offrendo a DF faccia loro da sostentamento. I cadaveri, quelli, vengono spogliati della loro pelle, usati nelle concerie, sezionati come le migliori pezzature di vacche e maiali e preparati dai migliori chef. Tutto, persino i denti, in questa Auschwitz del terzo millennio, sono estratti e lavorati come avorio per farne gioielli e articoli d’arredo.

Carnaio è l’esempio più eclatante, assurdo, inconcepibile e fuori dal mondo, che populismo e sterili battibecchi politici dai colori più disparati, che vanno da correnti di sinistra a quelle di destra, possa rappresentare.
Proprio perché fuori dal mondo, impensabile, quel che accade a DF è l’esempio di ciò che, per absurdum, possiamo raggiungere noi stessi, ogni qual volta che, parafraso, lasciamo che  “quelli” arrivino dal mare e gli si dia carta libera per invadere le nostre città.

Un’onda umana che diviene disumana perché la nostra stessa paura si trasforma in paura di privazione di tutto ciò che “quelli” potrebbero prendere al posto nostro, che siano vivi e deambulanti sulle loro gambe, o morti e quindi ci rubino comunque spazio vitale, risorse e quant’altro.

Questo è quello che Carnaio e Giulio Cavalli ci rappresentano; un impianto, sottoforma di cronaca di giornale, soprattutto nell’ultima parte del libro, che viene alimentato dalle paure, dall’ignoranza, dal razzismo che le destre continuano ad alimentare tutt’oggi e che, sotto lo spauracchio del “pensiamo alla nostra DF” si nascondono invece le propagande più assurde, quelle fatte sulla vita degli altri.
Un incubo, quello di un Mediterraneo saturo di cadaveri, in un lontano e distopico futuro, che potrebbe riversare e svuotare sulle nostre teste tutti coloro che sono scappati dalle guerre e dalla non vita e che in quelle acque hanno trovato la parola fine, prima di abbattersi sulle nostre coste e su di noi.

Ho apprezzato davvero tanto questo libro, non solo per il tema, ma per i toni, per il sapore sensazionalistico e soprattutto per il ragionamento assurdo e l’esempio venefico che i cittadini di DF sono riusciti a creare, pur di mantenere il loro status. Un libro che trascina, che inghiotte come l’onda, per poi sputarti addosso l’angoscia e la paura di un pensiero: e se accadesse davvero? E se fossimo chiamati a fare le scelte che i cittadini di DF hanno fatto nel modo più sbagliato possibile?
Carnaio lascia addosso inquietudine, riflessione, scontentezza per il mondo attuale e vorrei che voi tutti possiate leggerlo e lasciarvi trascinare dalle azioni sciagurate di questa città immaginaria, per poi lasciarvi porre la domanda che l’umanità che è in voi vi farà riecheggiare dentro. E vorrei che a questa domanda proviate a dare una risposta.

Quindi, vi lascio così.
Carnaio si conclude con uno scenario ancora più assurdo e incredibile, nel quale sembra che ogni gesto e scelta fatti da DF sia stato fatto in direzione dell’annichilimento e autodistruzione della città stessa.
Un po’ per stuzzicarvi, vi chiedo: a noi quanto servirà per arrivare allo stesso punto? Ecco… Carnaio attraverso queste allegorie e una vicenda dell’assurdo ci fa riflettere e spero davvero non si arrivi mai a quanto DF è riuscita a fare, semplificando forse un po’ troppo la reazione dell’apparato statale, ma inquadrandola nella vicenda populista, non è neanche poi tanto lontana dalla sua realtà.

Vi aspetto allora nei commenti qui sotto, se avete letto il libro ditemi cosa ne pensate, cosa vi ha inquietato e dato terribilmente fastidio dover leggere e quali potrebbero essere le azioni che avreste messo voi in campo.

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