PREMIO NAPOLI
LEGGENDA PRIVATA
Ciao a tutti e bentornati sul canale! Sono Dario e questa è Re_Censo, la videorubrica di libri, fumetti, manga, film e telefilm prodotta dal mio studio di grafica OIRAD .
Parliamo del terzo di tre libri del Premio Napoli di cui sono giudice lettore! Iniziamo!
Se abbiamo già parlato del libro di Giorgio Falco, Ipotesi di una Sconfitta, e di Davide Orecchio, Mio padre la rivoluzione, oggi siamo con l’ultimo appuntamento della triade di finalisti nella narrativa per il Premio Napoli, con Michele Mari, Leggenda Privata, edito nel 2017 dalla Einaudi.
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Michele Mari è nato nel 1955 a Milano ed è figlio del designer Enzo Mari e della disegnatrice Iela Mari.
Sotto l’immaginazione un po’ “nera”, gotica, fantastica e a più temi che si intrecciano, Mari scrive così le sue storie e Leggenda privata si innesta in questa cornice a lui non nuova, viste le sue opere già pubblicate.
Tema della memoria, dell’indagine del passato da bambino e della sua infanzia, è quasi onnipresente in questo libro, nel quale sgorgano anche stili un po’ più barocchi, soprattutto nel linguaggio usato, ricercato, variopinto, tanto che alcuni termini sono per me da ricercare sul vocabolario o direttamente online, nel caso di citazioni in lingue straniere; ampia e approfondita pagina si dovrebbe dedicare poi alla traduzione dei dialetti e dei suoi linguaggi ripresi da più personaggi.
Quella di questo libro è una autobiografia romanzata dove trovano ampio spazio di espressione la realtà della vita dell’autore, ma anche le sue paure, le fobie che sin da bambino si è portato con se. Attraverso descrizioni e racconti immaginifici, Mari riesce a trasmetterci e a traghettarci nel suo passato.
Come un fiume in piena che trascina il naufrago nei suoi flutti, questa autobiografia ci prende e ci trascina nel flusso dei pensieri e dei ricordi dell’autore; pensieri e ricordi che non sempre coincidono con l’ordine cronologico col quale sono accaduti, ma si lasciano influenzare, essi stessi, di rimando da chi li mette su carta, dai ricordi che scaturiscono dall’autore stesso a mano a mano che racconta.
Mettendo ordine nella propria vita, scende nei suoi ricordi del passato. Scopriamo così che Mari ha abitato con i genitori in una casa che nulla aveva da invidiare a quelle nelle vicinanze, forse solo una poteva superarla di grandezza e importanza, per la sua biblioteca. Nucleo fondante di tutta la ricostruzione dell’autore è quindi la sua giovinezza, nella quale si fanno protagonisti eventi che ci raccontano come Mari abbia vissuto attraverso l’autosuggestione e di come questa lo abbia accompagnato sin da bambino.
Se il linguaggio è quasi sempre ricercato e particolare, quasi poetico e d’altri tempi, in alcuni momenti appare molto più rozzo, basso e di impatto immediato per farci comprendere forse i suoi stessi stati d’animo. In questi troviamo il risveglio adolescenziale, dovuto più di tutti ad una ragazza, una cameriera volgarotta e sempliciotta, ma capace di attirare l’attenzione di un adolescente, mettendolo in silenziosa competizione con i suoi amici e conoscenti maschi, che fanno a gara nel correre a vederne l’intimo quando la sanno su uno scaletto.
E lui?
Lui ragazzetto si accontenta di un Mottarello ed il padre, che da sempre lo ha tenuto di mira, giù a rimproveri e vezzeggiativi e nomignoli per abbassarlo e renderlo come un esiliato, un bambino-culattina, più femminuccia che bambino, riuscendo in poche parole ad abbatterlo, non vedendo nel figlio ciò che forse si aspettava dal primogenito maschio.
Da lì altri dubbi, tornano indietro nel tempo al rapporto con i genitori, con i quattro nonni che non si sono mai conosciuti ne visti, e su chi sia questa ragazzotta così strana ma attraente, quale ne sia il nome e chi sia a manovrarla.
È anche lei un Ultracorpo? Una Entità che si risveglia a dispetto di una vita normale, o che viene manovrata come un pupazzo?
Ecco che quindi entrano in scena appunto gli Ultracorpi e le Entità cui Mari più che dare un nome sembra dare una funzione o una descrizione, come Quello che Ansima, oppure la Vecchia o ancora Quella dalle Orbite Vuote.
Chi sono? Chi è che, mentre lui tenta di far pipì, si bagna i capelli con la sua urina e perché? Chi sia in realtà quell’Ultracorpo che le fa da domestica, che con quelle dita luride, non lavate, prepara da mangiare e tocca gli alimenti che sono poi costretti a mangiare?
Tutta una poetica e una narrazione dalle tinte fosche, che si alterna a sprazzi di storia personale e familiare, di conflitto con un padre pressante e per niente comprensivo, di lotte silenziose con una madre ormai malata e che storpia ogni parola, inventando un linguaggio proprio.
In questa ricostruzione, protagonisti diventano le Entità stesse che sembrano averlo richiamato in quella casa adolescenziale, nel periodo della separazione dei suoi genitori, quando rincorreva la ragazzotta e invece si limitava al Mottarello. Entità che si riconoscono in una Accademia dei Ciechi e che, dal sottoscala, dal seminterrato di quella casa, richiedono a Mari le sue storie, le sue avventure passate.
Un viaggio che lui è costretto a fare perché richiesto dagli Accademici che si fanno sentire quando poi ciò che viene offerto e scritto non li accontenta, che tornano, nel suo immaginario, folle, difficile da seguire, ma travolgente e passionale, tornano per spronarlo con la minaccia stessa della loro presenza e delle loro visite notturne, quasi minacciose, a fare di meglio e raccontare ancora e più in profondità.
Ed è questa commistione di reale e fantastico, di biografico e immaginifico, che la vicenda di Mari ci viene raccontata come uno scorrere di ricordi, di pensieri, di ragionamenti, non sempre pulito, non sempre apparentemente coerente e comprensibile; un ricordo che ne richiama altri, un pensiero che ne risveglia un altro.
Questo continuo ripescare e ritrovare, compone il puzzle della sua gioventù che, come una storia fantastica e dark, mi ha trascinato pagina dopo pagina.
Non esistono capitoli, non c’è un sospiro o una pausa se non quando l’autore lascia la scrittura per vivere ciò che ha da raccontare poi, perché come lui stesso dice, “scrive quello che vive e vive per poterlo scrivere”.
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Ed io sono quindi veramente combattuto sul voto da dare.
Un racconto, un libro, un viaggio, veramente immersivo e bello nel suo essere strano, senza un vero schema, con un finale che sembra voglia riscattare la vita stessa di quel giovane che s’accontentava di un Mottarello pur di incontrare la donna di cui si è infatuato.
E voi chi fareste vincere nella sezione narrativa del Premio Napoli? Ditemi la vostra! Vi aspetto nei commenti qui sotto! Ricordate di condividere il video con i vostri amici e di mettere un bel mi piace! Ricordate anche di iscrivervi al canale, se ancora non lo avete fatto!
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