@Re_Censo #184 Ipotesi di una sconfitta | Premio Napoli

PREMIO NAPOLI
IPOTESI DI UNA SCONFITTA

Ciao a tutti e bentornati sul canale! Sono Dario e questa è Re_Censo, la videorubrica di libri, fumetti, manga, film e telefilm prodotta dal mio studio di grafica OIRAD .

Parliamo di uno dei tre libri del Premio Napoli di cui sono giudice lettore! Iniziamo!

Primo libro che mi è stato dato, quindi primo che ho letto, in quanto giudice lettore del Premio Napoli, Ipotesi di una sconfitta è un libro particolare e prima di inabissarci nelle pagine, capiamo chi è lo scrittore.

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Giorgio Falco è nato nel 1967 ad Abbiategrasso.

Bene, ora possiamo parlare del libro ed è proprio attraverso il libro che conosciamo l’autore.

Si, perché questo non è un romanzo nel quale si racconta una storia inventata, un parto di fantasia, qualcosa che era all’interno dell’autore, ma che non gli cambiava la vita. No, tutt’altro.

Ipotesi di una sconfitta nasce quasi per errore, per un puro caso, nel momento forse di più profonda cupezza e bassezza dell’autore, quando ormai la sua vita si divideva tra tuffi in piscina, scommesse, camminate, scommesse, e scommesse, seduto col portatile tra le braccia, più vizio che strumento di prosa.

Questo racconto si apre a noi con l’evento che io trovo scatenante di tutta la vicenda umana che ha coinvolto la vita di Falco. Ma è ovvio dirvi che questi sono miei pensieri, quindi potrei anche sbagliarmi e non è mia intenzione, di certo, giudicare e commentare in malo modo Giorgio Falco.

La storia si apre a noi con la morte del padre.
E prendendo a pretesto questo lutto gravoso, Falco ci riporta indietro nel tempo, nel suo tempo e prima ancora nel tempo del padre, mostrandoci come un emigrato del sud Italia arriva a Milano per trovare lavoro e come questo lavoro sia divenuto il tempo e il ritmo che ha regolato tutta la vita di suo padre e, di rimando, quella della famiglia e quindi la sua.
Un lavoro partito come autista di bus, che il padre vedeva e sperava anche per Giorgio stesso. Un lavoro in una azienda, esser parte di un grande ingranaggio, soldi sicuri a fine mese.

Quale padre non lo spera per il proprio figlio?

Ma Giorgio Falco è quel tipo di persona che vede il mondo con occhi indagatori, come un osservatore che non si sente a proprio agio in determinati ruoli.

Dalla morte del padre, si torna quindi ancora più indietro, a quando, da giovane, ancora studente, Falco iniziò a lavorare in una fabbrica con altri ragazzi, producendo spillette e gadget per articoli religiosi e non. Inizia così quel viaggio che Falco ha fatto nel mondo del lavoro: sottopagato in fabbrica per 3 lire al giorno. Da universitario, collaborava per una rivista, monitorando prodotti nei supermercati dell’hinterland milanese e poi, licenziato per ridistribuzione delle risorse.

Quindi autista per gli stranieri facoltosi che acquistavano in Italia, per poi passare alla consegna di giornali o meglio, al vendere abbonamenti, porta a porta, perché l’abbonato ricevesse a casa il suo giornale, comodamente.
Colloqui, selezioni, prove, altri colloqui, per arrivare nei saloni outlet ed essere, suo malgrado, testimone della morte del suo stesso capo e dopo poco più di un anno, licenziarsi dal grande magazzino, arrivando dinuovo alla disoccupazione e ancora una nuova trafila che noi tutti più o meno giovani conosciamo: le corse al collocamento, file interminabili, il lavoro sperato che si trasforma in un’altra gara, per cosa? Vendere scope e articoli per la pulizia della casa, troppo costosi per la ricchezza media degli italiani.

Poi la fine del comunismo, tanto parlata dai media, e il nuovo lavoro come insegnante di pallacanestro a dei ragazzini. Un modo come un altro per mettere da parte quei due soldi, sempre meglio di niente. Un pensiero questo che, a mano a mano ha annichilito il lavoratore, abbandonando involontariamente la propria dignità per pochi spiccioli, sempre meglio di niente.

La lista continua, i tentativi del giovane Falco si allungano fino ad entrare in una azienda di telefonia e controllo degli abbonati, più che degli abbonamenti, l’incontro con capo-reparti sempre più particolari, il mondo adulto che prende il posto di quello adolescenziale e giovanile. Un mondo complicato, una vita stretta per chi ha sempre il pensiero ai desideri del padre di vederlo sistemato, e ai propri desideri di diventare scrittore. Un lavoro che difficilmente paga e che così distrugge le speranze.

Falco riesce a raccontarci non solo la sua vita, ma la storia stessa di un paese e dei suoi lavoratori che hanno, ormai da tempo, imboccato una spirale discendente sempre più cupa e autodistruttiva, fatta di pochi diritti, pochi soldi, poco tempo e qualità di vita e soprattutto tanti sorrisi e accondiscendenze al responsabile di turno, nella piramide aziendale di passaggio.
Ed è proprio questa spirale discendente, che diventa strumento per il fiume di pensieri e di introspezione che lo scrittore intraprende in questo libro.

Ha la capacità di trascinarci prepotentemente nella narrazione dei suoi pensieri, del suo vissuto, che sembra diventare nostro compagno e amico, lasciandosi scoprire e conoscere da noi che siamo in realtà degli sconosciuti. Mettendo a nudo la sua stessa vita, le sue scelte, i suoi errori e desideri, le paure e le speranze, che si arriva speditissimi al dodicesimo capito e poi c’è il più corposo di tutti, il tredicesimo, la vetta e il giro di boa di tutto il libro e della sua stessa esistenza, fino a quel momento. Un capitolo che ho trovato difficilissimo da mandare giù, perché pieno, denso, pesantemente intriso della sua umanità e di quella spirale che ormai lo stava portando verso il fondo e lui era lì già pronto col cucchiaino a raschiarlo.

Un libro ben diverso da quelli che io abbia mai letto e che in parte mi ha lasciato innamorato della vita, dell’autore e anche un po’ mia, perché l’ho vista così vicina alla mia, che ho scorto nelle pieghe delle sue difficoltà, le mie, negli angoli bui di desideri mai realizzati, i miei progetti mai giunti alla luce. Eppure Falco, che qui ipotizza una sconfitta, può dirsi davvero sconfitto? E può la sconfitta definire la fine dei giochi, la fine della partita?

Leggendo la conclusione, capirete se è così o meno. Secondo il mio giudizio, ogni sconfitta serve a rialzarsi per affrontare il set successivo. Ed è per questo che Falco l’ha chiamata ipotesi. Perché lui che sembrava aver perso tutto, si è guardato dentro e ha rimesso ordine. Se non nella sua vita, in direzione del futuro, almeno l’ha fatto per vedere cosa lo ha spinto fino a questo momento e dove è arrivato, chi è, cosa fa.

Un libro che consiglio a tutti, dal linguaggio molto semplice, diretto, dove persino le parole dette dai personaggi o dal protagonista, non sono precedute e segnalate da virgolette o caporali, ma diventano parte unica del fiume in piena dei suoi pensieri, della sua ricostruzione.

Questo è Ipotesi di una Sconfitta e tramite questo libri sappiamo forse un po’ di più su Giorgio Falco, rispetto alle due parole prese da wikipedia.

E questo è quello che penso di questo libro, il primo letto per il Premio Napoli.
Aspetto di sapere voi cosa ne pensate, se magari avete letto lo stesso titolo o altri libri di questo autore! Cosa ne pensate della Sconfitta, se ne avete vissuta una e come l’avete affrontata.

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Venezia 13/09/14 – Premio Campiello 2014 – Teatro La Fenice – Il finalista Giorgio Falco ©Marco Sabadin/Vision

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