Addio a Pietro Citati, scrittore, biografo e critico letterario

Addio a Pietro Citati
scrittore, biografo e critico letterario

Pietro Citati è nato a Firenze il 20 febbraio 1930, da una nobile famiglia siciliana.

Addio a Pietro Citati, scrittore, biografo e critico letterario

La sua passione per la lettura sboccia spontaneamente, proprio nel periodo in cui si trasferisce a Torino con la famiglia e poi arriva in Liguria, per sfuggire ai bombardamenti. Alla tenera età di 12 anni, inizia a leggere e ad approfondire alcune letture, romanzi e poesie, ma anche i dialoghi di Platone.

Infanzia e adolescenza le trascorre tra le strade di Torino, dove infatti ha frequentato l’ “Istituto Sociale” e il liceo classico “Massimo d’Azeglio“.
Durante la guerra, nel 1942, si trasferisce in Liguria e nel 1951 si laurea in Lettere moderne all’ “Università di Pisa“.

La sua carriera iniziò con le prime collaborazioni con riviste come “Il Punto“, “L’approdo” e “Paragone“.
Proprio nella redazione de “Il Punto” conobbe Pasolini.

Oltre alla carriera da critico letterario, Citati è stato tra i banchi di scuola, dal 1954 al 1959, insegnando italiano nelle scuole professionali di Frascati e Roma.

Dopo “Il Giorno“, dal 1973 al 1988, scrive anche per il “Corriere della Sera” e a seguire, fino al 2011, per “La Repubblica” per cui ritornerà a scrivere dalla fine del luglio 2017.

Pietro Citati è stato uno scrittore poliedrico, che si è cimentato su più generi letterari differenti, come la saggistica, la biografia letteraria, tra cui ricordiamo gli scrittori Alessandro Manzoni, Goethe, Kafka, Tolstoj per cui vinse il Premio Strega nel 1984, Katherine Mansfield e Giacomo Leopardi.

Citati riusciva quindi a spaziare tra le epoche e i generi più diversi, giungendo a scrivere tanto dei miti antichi, della civiltà greca, quanto sulle dottrine filosofiche e religiose, arrivando all’Ottocento russo.

Si specializzò nelle biografie dei grandi autori, espresse in forma narrativa; esempio che ne anticiperà lo stile è proprio tra le pagine culturali del “Corriere della Sera“, dove iniziò a trattare quello che poi divenne il saggioImmagini di Alessandro Manzoni” pubblicato poi da Mondadori nel 1973.
Citati riusciva a congiungere un rigore scientifico e filologico nella ricostruzione biografica delle vite degli autori, ad una introspezione psicologica che gli era necessaria per meglio sondarne e capirne le vite e le scelte autoriali.

Proprio lo sguardo acuto dell’autore, gli permise di osservare la società italiana e ciò che lo colpiva era come i giovani sprecassero i propri talenti per carenza di quella che definiva “passione intellettuale” o di “forza di concentrazione“, così come lo addolorava vedere persone di spettacolo ormai affermate, addormentarsi tra gli allori, sopiti in un’aria di narcisismo.
Nonostante questo, non si è mai dilungato troppo in interventi sulle vicende politiche dell’Italia del suo tempo, se non in modo ironico e severo verso la classe dirigente.

Diceva:

«Un grande libro è composto di tanti strati: si tratta di scoprire quello più nascosto»

raccontando come e con quale spirito lui stesso si avvicinasse alla lettura.

Si definiva infatti molto preciso e pedante quando si trattava di accostarsi a un’opera e il suo stile era chiaro, scorrevole, riuscendo al contempo a creare personaggi e argomenti molto sfaccettati che sapevano così catturare l’attenzione dei lettori.

Non ha mai smesso di scrivere, neanche in età avanzata, tanto che nel 2010 pubblicò “Leopardi“, nel 2014I Vangeli” e “Il silenzio e l’abisso” nel 2018.


Pietro Citati, come annunciato dal sito di “Repubblica“, è morto il 28 luglio 2022 all’età di 92 anni.

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